domenica 28 dicembre 2014

ED ECCO L'ANNO NUOVO

Questo Natale è stato davvero felice, per me.
Il silenzio della mia casa mi ha ricordato i suoni che ci sono stati, mi ha raccontato il segreto della vita: lasciare che scorra, salutando chi non c'è più e trattando bene chi c'è.
Ho qualche rimpianto, qualcosa di cui mi vergogno e un paio di persone a cui ho fatto del male e a cui dovrei chiedere perdono e cose che ho provato e che non dimenticherò mai.
Purtroppo, ho anche amori finiti, mai cominciati, persone che non mi hanno voluto o voluto poco.
Ho imparato da tutti e questo mio accettare le cose della vita non le ha rese meno dolorose, ma solo più istruttive.
Abbiamo paura delle cose dolorose e abbiamo ragione.
Ma accettarle è l'unico modo che abbiamo perchè portino frutto.
Dobbiamo imparare che ogni azione, ogni scambio emotivo, ogni ostacolo ha un bagaglio di crescita, di scavo interiore che non si ripeterà e se noi lo lasciamo andare, non saremo forti per il prossimo.
Siamo qui per imparare, incontrarci, aiutarci e poi tornare a casa.
Se sapessimo quanto è importante aiutarci, sostenerci e prenderci per mano, non smetteremmo mai di farlo.
Ci hanno insegnato a diffidare, ci hanno insegnato a pensare a noi e alle nostre famiglie.
Poi, ci hanno insegnato a giudicare il bene e il male, distinguendo la misura e la gravità di entrambi, catalogando le persone secondo la quantità e la qualità di questi due poli nella loro vita.
Invece questo era compito di Dio, perchè Lui sapeva che noi, avvolti dal giudizio, ci saremmo intrappolati, smettendo di vedere il bene e il male e vedendo solo il santo e il peccatore.
Così, tristi e soli, ci arrampichiamo verso casa, dimenticando che siamo viandanti compagni, che potremmo chiacchierare lungo la via, sperando di non soffrire troppo.
Io ho passato un Natale bellissimo, ma ne ho passati di orrendi, faticosi e bui.
Alle persone che stanno soffrendo adesso auguro un anno nuovo luminoso, auguro loro la coscienza di essere in tanti, di poterci aiutare.
E la spina che ho nel cuore, che in questo momento mi fa odiare una persona, se ne andrà.
Lo so.
E avrò imparato ancora.

venerdì 26 dicembre 2014

QUELLO CHE AMO DI TE

In queste ultime settimane ho conosciuto il lato migliore delle persone.
Ho notato però che c'è un filo conduttore che lega il comportamento dell'individuo, che lo lega a una personalità, un modo di affrontare la vita, che non cambia nemmeno quando questo individuo è, per usare un termine generico, buono.
Le persone sono come sono e usano la loro storia, le emozioni che hanno lasciato prevalere, per condurre le loro relazioni e noi non c'entriamo niente, mentre quando sono sgarbate ce la prendiamo.
In realtà quando ci ferisce qualcuno, non siamo mai la ragione del risentimento, o astio, ma solo un memorandum, qualcosa che ha versato sale sulle loro ferite.
Nonstante ciò, in questi giorni una persona, che mi ha spesso, inavvertitamente, ferito, lo ha fatto di nuovo.
Eppure ho imparato che quando una persona non è interessata a quello che fai, a meno che tu non la coinvolga direttamente, che comincia i messaggi con qualcosa di personale, ma generico, non ti chiede mai cosa davvero significa quel velo di malinconia negli occhi, ebbene quella persona ha problemi con se stessa, non riesce a comunicare.
Ho così imparato che siamo noi i responsabili delle emozioni che gli altri ci fanno provare, non loro.
Anche io ho detto spesso "Quella persona mi ha fatto soffrire", ma non è così: io ho permesso a quel comportamento di ferirmi.
Se non sono in grado di reggere le debolezze di qualcuno devo allontanarmene, ma non devo dargli l'onere della colpa.
Se ci facciamo carico delle nostre emozioni, vedrete che sarà più facile gestirle e, in fondo, cambiarle.
In questo Natale di regali, di cesti con tanto cibo, ho mangiato più del dovuto, perchè anche io, come tanti, consolo la mia ricerca di amore con il cibo; questo non significa che chi mi ha regalato il cibo è responsabile dei miei chili in più.
Allora perchè lo facciamo con le emozioni?
C'è una persona che, magicamente, appare ogni volta che ha il sospetto che la star sia nelle vicinanze: è una persona dolce e gentile, ma non un amico.
Ma ogni volta che riappare, io so che questa persona io l'ho eliminata proprio perchè non riesco a reggere il fatto che non gli interessa minimamente quello che io faccio, o sono, ma che io riveda, o meno, la star.
Mi sono chiesta: cosa devo fare? Tenere le piacevoli chiacchierate, sapendo che sono solo quello, non amicizia, o mi ferisce sapere che non sono valida se non per quell'incontro?
Questo devo guarire, dentro di me.
Non sono responsabile per le emozioni e il comportamento degli altri, ma solo per il mio.
Quella persona non legge il mio blog, figuriamoci, e non saprà di questo post, quindi non è nessuno di voi, per lo meno che io sappia, ma volevo solo dirvi che bisogna sempre tornare a noi, alla nostra anima, perchè ho visto che quando l'anima si cura, le persone negative si volatilizzano.

mercoledì 24 dicembre 2014

NATALE CON I TUOI

E' arrivata la tanto attesa vigilia di Natale.
La aspettavo da tanti anni, questa vigilia da sola.
L'ho preparata con cura.
Ho declinato gli inviti con un sorriso.
Ho invitato per domani.
Ma, stasera, sono rimasta con la mia cagnolina.
Ne abbiamo passate tante e lei mi leccato il naso tante volte, mentre piangevo.
Siamo state sole tante volte, senza averlo scelto.
Poi le persone mi hanno aiutato.
Poi le persone mi hanno voluto bene.
E, oggi, io voglio dedicare il momento più intimo e dolce dell'anno a me e alla mia cagnolina.
Voglio restare con lei, giocare, fare le coccole, mangiare un pò di più.
Ascoltare questa mia anima che non ha più paura del silenzio e che da sola sa essere felice.
Perchè è solo dopo che sono stata felice da sola, che sono arrivati gli amici e, forse, l'amore.
Lo dico piano, questa notte, perchè parlare d'amore può farlo scappare via.
Sono qui con me e lei e facciamo piani di gioia.
Stasera è dedicata a quell'essere che disprezzavo, che credevo sbagliato, che credevo vinto: a me.
Che ho imparato che la vita ci da automaticamente il privilegio di essere amabili e che siamo noi a togliercelo per piacere a tutti, per piacere di più, per piacere a qualcuno in particolare.
Stasera il mio cuore è pieno di amore come non lo era mai stato, perchè si era inaridito e gli altri lo hanno nutrito.
Auguri a tutti e grazie, per questa vigilia che non dimenticherò mai.

venerdì 19 dicembre 2014

SE TI VA BENE E' COSI'

Quanti di noi si sono sentiti dire questa frase, magari da qualcuno che poteva aiutarci.
Io me la sono sentita dire da un parente e, credetemi, nonostante io preghi molto per imparare a perdonare, non sono ancora riuscita a farlo.
Credo che le nostre azioni determinino certo quello che diventiamo, ma non quello che siamo: possiamo sbagliare, quindi prendere decisioni sbagliate, o comportamenti sbagliati, ma noi non siamo le nostre azioni e possiamo, in ogni momento, cambiare e imparare.
Se nella vita ci troviamo in posizioni di potere, o di comando, non siamo lì solo perchè ne abbiamo il merito, ma perchè nella vita esiste l'X factor.
Sì, il nome del programma viene proprio da un dato scientifico, che proprio perchè imponderabile, è stato definito, dagli scienziati, il fattore X.
Si è notato che, nella vita, nonostante si faccia esattamente la stessa cosa, con diligenza e buona volontà, si possono avere due risultati: il fattore che cambia è l'insieme delle azioni, del passato, dello spirito di un individuo.
Facciamo un esempio: io studio, prendo buoni voti, ho un'intelligenza nella norma.
Insieme a me si trova uno studente che studia come me, ma ha un'intelligenza diversa, magari a casa ha problemi, ma ha un carattere molto forte e ce la fa, prende i miei stessi voti.
Ce n'è un altro: non studia, ha un'intelligenza superiore ed è uno scapestrato, ma alla fine ce la fa anche lui.
Solo uno trova un lavoro, subito, l'altro dopo tre anni e l'altro ancora dopo sei mesi.
Queste cose insieme non sono determinate da qualità o diligenza nell'azione, ma da qualcosa di imponderabile: il fattore X.
Che per me, credente, è Dio, che con il suo disegno cerca di riportarmi allo splendore che la mia anima merita.
Per un non credente resta la scienza, con il suo fattore inspiegabile, dato dal caso.
Quando dunque siamo nella condizione di aiutare qualcuno, non siamo lì perchè siamo migliori, ma soprattutto non siamo incisi nella pietra, potremmo un giorno trovarci a elemosinare un piacere.
Dire a un essere umano, per giustificare una paga indegna, illegale, o un lavoro pericoloso senza le dovute cautele, perchè costano, "Se hai bisogno è così" si chiama, tra gli uomini di buona volontà "SCHIAVITU'".
E' inutile girarci intorno, possiamo chiudere gli occhi, come stiamo facendo sulla mafia a Roma, ma siamo tutti complici e peccatori come i negrieri, che rapivano bambini per venderli nelle Americhe.
Vogliamo avere schiavi e tenerci i soldi.
Anticamente, i produttori di caffè e cotone, che compravano gli schiavi africani, avevano come scusa che pagare tutta quella gente li avrebbe rovinati.
Non era vero, tant'è che sono sopravvissuti alla guerra che ha liberato tutti.
Noi, oggi, stiamo scivolando nello stesso errore, facendo diventare questa pratica ignobile lo status quo.
Liberiamoci da questa vergogna, rifiutiamoci di avvalorare chiunque la pratichi.
Se siete in posizioni istitutive gridate NO.
Salvate la vostra anima, perchè quei dieci euro che guadagnerete non lo faranno per voi.

mercoledì 17 dicembre 2014

PERDONO, PERDONO, PERDONO

Quando ero bambina, c'era questa canzone di Caterina Caselli e io mi chiedevo perchè insistesse tanto: se non ti vuole, non ti vuole.
Crescendo ho conosciuto, si fa per dire, il perdono evangelico, quel settanta volte sette che, incalcolabile emotivamente, fa 490.
Non ho mai capito l'importanza e il valore del perdono, fino a quando mi hanno davvero fatto arrabbiare.
Io non solo non so perdonare, ho scoperto, ma non so nemmeno chiedere perdono.
E' stata una rivelazione, perchè ho cominciato a guardare, come uno spettatore, che cosa la rabbia, il rancore e tutte le emozioni negative legate al non perdonare, sono capaci di fare all'anima.
A volte sono stata ferita, altre ho ferito, alcune volte sono stata ferita con intenzione, ma anche lì, le persone sembrano aggressive perchè si sono dimenticate perchè soffrono.
Ma la reazione sana di risentimento, e quindi di allerta, che la biologia ci ha regalato per evitare che gli altri ci uccidano, è diventata con il tempo la medicina per tutto quello che gli altri fanno che non ci piace.
Un tempo di rabbia, di incomprensione, deve esistere: ci mette al riparo dalla accettazione di comportamenti cattivi, sbagliati, ci protegge dal proseguire in una strada che ci porta guai.
Gli altri, a volte, reagiscono male a qualcosa di sbagliato che noi stiamo facendo.
Il perdono serve più, ma molto di più. a chi lo elargisce, che a chi lo riceve.
Anche quando l'altro non lo accorda, chi l'ha chiesto si sente meglio, cosciente di avere sbagliato e quindi pronto a prendersi la responsabilità delle sue azioni.
Che non vuol dire sentirsi in colpa: sentirsi responsabile non è essere colpevole.
Tutti sbagliamo, tutti tendiamo a negare, a darci giustificazioni, ma la responsabilità non è sull'errore, ma sulla nostra natura.
Una storiella zen racconta di un coniglio che deve attraversare un fiume: vede un coccodrillo che si offre di portarlo sulla schiena.
"Eh, no" dice il coniglio "Mi mangerai"
"No, perchè dovrei?"
Allora il coniglio sale sulla schiena, viene portato all'altra riva, ma appena scende, viene mangiato.
Mentre il coccodrillo lo aggredisce, dice "Ma, mi avevi promesso di non farlo!"
"Sì" risponde lui " ma sono un coccodrillo"
Siamo umani, imperfetti e credere di non sbagliare mai è un'illusione.
Sbagliamo e la maggior parte delle volte senza saperlo.
E' inutile ammettere sbagli che non ci fanno vergognare: è salutare ammettere quello che gli altri ci dicono.
Valutare con la mente aperta e capire se l'altro è solo un rompiballe o ha ragione.
Questa è la repsonsabilità: capire se ho ragione io o l'altro, senza per questo odiarlo.
E accettare cosa ci dice l'anima.
Che lo sa.
Sempre.
E' difficile ammettere di essere imperfetti, ma se impariamo ad accettarlo da noi stessi lo faremo anche con gli errori degli altri.
Questo dice il Padre Nostro: mentre perdoniamo, siamo perdonati.
Quando capiamo che l'altro è imperfetto, non nemico, siamo più indulgenti con i nostri errori.
Capire di aver sbagliato non è giustificarsi "Eh, sai sono fatto così", ma prendersi la responsabilità di vedere cosa c'è da cambiare, migliorare, eliminare.
Così diventiamo grandi e così diventiamo sani.
I sensi di colpa non servono a nessuno e fanno solo venire voglia di difendersi dalle accuse.
La saggezza sta invece nel valutarle le accuse.
Ed eventualmente difendersi, spiegando.
Ma se l'altro è offeso, scusarsi per avere comunque urtato, anche nella ragione di una discu
ssione, l'altro.
Poi magari non lo frequenterete più, ma voi vi sentirete talmente bene che canterete "Don't worry, Be happy!"

mercoledì 10 dicembre 2014

COS'E' LA VITA SENZA L'AMORE

Quando ero piccola, una canzone diceva così: cos'è la vita senza l'amore, è come un albero che foglie non ha più.
Buffo come le canzoni ricordino sempre il lato brutto dell'amore, intendo un inizio sfolgorante e una fine straziante.
E' così che ci sentiamo, in testa al mondo quando comincia e sottoterra quando finisce.
E finisce per tutti, anche quelli che restano insieme; sì perchè si comincia a sentire quella sabbiolina fastidiosa sotto le scarpe, sapete quando si va al mare e la sabbia si infila ovunque invisibile, poi la mamma sgrida perchè scricchiolano le scarpe e si scopre che il pavimento è pieno di sabbietta.
Poi la sabbia s'infila nelle lenzuola.
I più solidi accettano la trasformazione dalle montagne russe alla festa di Natale, per poi finire nella gita fuori porta.
I più solidi, perchè non è facile capire che l'amore, come abbiamo sempre chiamato l'attrazione fisica, non è tutto fuochi d'artificio e moine.
L'amore, soprattutto quello vero, è camminare insieme, restando indipendenti e unici.
Chi ama non ha paura di essere solo, altrimenti è codipendenza.
Chi ama sa fare tutto da solo, ma lo fa più volentieri insieme.
E la fine di un amore non è la tragedia che tutti raccontiamo.
C'è quel momento, che ha bisogno degli amici che ti passano i fazzoletti, che ti ascoltano dire per la trentaquattresima volta che stai male e lo rivuoi, momento che è come il latte, ha la scadenza scritta.
Poi si rinasce, piano piano, ma si rinasce e si cerca un nuovo amore.
Certo, noi donne siamo più svantaggiate, quando abbiamo qualche anno di più l'uomo non ci rincorre.
Ma, anche lì, è una questione di luoghi comuni: quando hai in mente di farti una famiglia, ti guardi intorno meglio, quando la famiglia non la fai più, guardi solo che stia bene con te e qui, ragazze, il campo si restringe!
Non abbiamo più voglia di compromessi, di magoni e va beh.
Abbiamo scoperto, dopo le corse della gioventù, che l'amore non è sempre una giostra, che non è necessario e che si vive anche senza.
Sia chiaro, l'amore è come il resto: non si vive senza cibo, senza denaro e senza amore e la lista cambia a seconda di cosa manca.
Se vogliamo vivere senza una di queste cose, la vita diventa dura.
Le cose belle, che nutrono, vanno vissute come un dono di Dio: accumulare denaro, mangiare troppo, attaccarsi troppo a una persona o all'idea che quella persona ci salvi dalla solitudine, diventa deleterio per la salute.
non è dissacrante paragonare l'amore al cibo o al denaro: tutti e tre, se idolatrizzati, diventano nocivi.
E' vero, la solitudine fa paura, ma solo se si attraversano momenti difficili: allora si vorrebbe qualcuno vicino che ci consola.
Ma la vita non sempre ce lo da, nemmeno quando si hanno figli e compagni.
Nel dolore, si è soli sempre.
Io, che la solitudine l'ho temuta molto e per la paura di doverla affrontare ho fatto gli errori più dolorosi della mia vita, l'ho conosciuta.
ho pianto, tanto.
ho anche visto cosa vuol dire quando quelli che tu chiamavi amici se ne sono andati perchè ero diventata triste, o non se la sentivano di starmi vicino.
allora mi sono rimboccata le maniche e ho lavorato da sola.
E ho scoperto tante cose che vorrei dirvi, perchè la paura della solitudine non vi annienti, non vi disperi.
forse state vivendo la fine di un amore, forse non arriva l'amore che speravate.
Forse, come me, siete spesso feriti dai commenti, in buona fede, delle amiche, che si rammaricano per la vostra situazione di single.
Cercare di spiegare che state bene, che ci sono tante cose che si fanno aumenta solo la loro convinzione che state male, che vi siete adattate ma che abbandonereste volentieri il vostro stato per quello, universalmente applaudito, di 'in coppia'.
Invece no: anche quello è un luogo comune, si è confuso l'amore, la gioia del condividere, con la necessità, la mancanza di crescita.
Anche io ho amato sciogliendomi in lui.
E ho sbagliato.
Quelli davvero felici sono quelli che restano solidi, che vivrebbero anche senza il loro partner, ma ci vivono.
Ho visto quasi tutti i miei amici divorziare, o vivere miseramente accanto ai loro partners, ma chi davvero se la gode sono quelli che non hanno bisogno dell'altro per sopravvivere.
non vivo senza di te è una frase bella nelle canzoni, ma nella vita fa male a tutti e due.
sono fuggita da chi diceva di non poter vivere senza di me e ho fatto fuggire chi mi necessitava per stare bene.
Vorrei che non aveste paura di restare sole, donne, anche contro gli sguardi di compassione delle amiche, l'indifferenza dei maschi quando invecchiate.
Quell'indifferenza arriva perchè noi non crediamo più di valere.
Tempo fa, qualche mese fa, ho risposto a un trentenne che mi diceva "Davvero non vuoi fare sesso, credevo che quelle della tua età non aspettassero altro che un trentenne da portarsi a letto"
E io gli ho risposto "Tu non mi ti puoi permettere"
Perchè anche se desidero l'amore, lo aspetto facendo altro.
E se non arriva, la mia vita vale viverla, sempre.
Da quando mi alzo e mi fanno male le ginocchia, a quando vado a letto e leggo tre pagine e crollo con il kindle in mano.
La vita ha tante sfide, ragazze, non lasciate che la paura degli altri di essere soli diventi una sfida in più.
Credeteci nell'amore, ma se non arriva è perchè non ci serve e non è una frase da tree huggers, come li chiamano gli americani, quei fricchettoni new age che amano anche i divani.
E' la verità, semplice.
L'amore è bellissimo, ma lo è anche la vita, guardatela negli occhi.
E l'amore arriverà all'improvviso.
 

sabato 6 dicembre 2014

ZIA, MA COM'E' AVERE CINQUANTANNI?

Qualche giorno fa, il figlio di un'amica mi ha fatto questa domanda: mi sono sentita, per un attimo, spiazzata.
Io non ho cinquantanni!
Ma questa è stata la prima reazione: quanti di voi si sentono "davvero" così grandi?
I miei genitori erano quelli vecchi, quelli grandi.
Adesso, la curiosità di quel giovanotto mi aveva messo davanti alla realtà: non ci si sente vecchi, ti vedono vecchio.
Allora, tesoro, ti dico cosa vuol dire avere cinquantanni, perchè tu lo sappia e perchè tu lo custodisca.
Io non ho più la fregola di mettere su famiglia: questo mi ha fatto diventare selettiva.
Non che da giovani si prende quello che capita, ma si usano parametri più elastici.
Adesso, se uno vuole venire a dormire con me, e se l'età è convenientemente simile ci si aspetta che lui russi, devo essere innamorata.
Non mi aspetto vigore, ma mi aspetto che non mi parli di acciacchi e per l'amor del cielo che non mi parli di come è cattiva l'ex moglie!
Sono tutte arpie, nei racconti degli uomini, le ex mogli.
Se decido di passare ancora del tempo con un lui, deve essere tempo bello; niente menate, bugie e ritardi, se non vuoi venire, stai a casa, ho perso già tanto tempo a piangere, quindi dimmi subito che non ti piaccio.
A cinquantanni, l'amore per i viaggi si è trasformato in amore per le gite; vado a trovare un amico, ricevo ospiti per un weekend, ma per carità non fatemi andare via un mese, mi mancherebbe casa mia, i miei dottori e le mie pastiglie.
La mia casa è country, sempre più simile a quella della signora Fletcher, con i pizzi e i merletti.
Ho imparato a riconoscere gli amici e le persone false e mi guardo dal frequentare gente negativa, che si lamenta e parla della vecchiaia.
Sì, perchè io, a cinquantanni, non parlo di malanni e di come è brutto invecchiare, ma di come è bello crescere, avere una gran vita alle spalle e raccontarti tante cose, giovanotto.
Mi piace avere cinquantanni, anche se ho le vampate e, a causa delle pastiglie, qualche volta ho l'affanno e il glaucoma mi fa rallentare e attaccarmi alla ringhiera delle scale.
Mi piace la mia età, con la saggezza, l'ironia e la voglia di amare senza fronzoli, con la consapevolezza che l'amore è anche nell'amicizia, nella famiglia e nella solidarietà.
Non piango per quello che non ho, ma ci lavoro, perchè se ami la vita, se ami le relazioni, prima o poi quello giusto arriva.
E quello giusto magari mi sentirà russare, se ho il raffreddore, ma mi amerà lo stesso.
E poi, tesoro, la mia cagnolina diventa più importante di lui, pensa che uno l'ho mandato via perchè non voleva che tenessi la mia cagnolina nel letto.
I compromessi non si fanno più, a cinquantanni, come non si fanno più gli addominali, ma i muscoli ci sono lo stesso.
Si fanno grandi camminate, quando se ne ha voglia, si mangia in compagnia e si piange un pò, quando si vede che un'amica non ti cerca più, o che qualcuno che potrebbe farti compagnia non te la fa.
Ma poi si cerca altro, la vita è piena di bella gente, che ha tempo per te e scopri che chiudere la porta alle persone negative fa spazio a tutte le altre.
Avere cinquantanni è bello, perchè sai che hai imparato tante cose e faresti ancora tutto.
Nessuno ti rincorre più, ne' il tempo, ne' lo stress: quello che hai si sfalda piano piano, i figli che se ne vanno, il lavoro che chiude, i figli delle tue amiche che ti fanno domande buffe.
Niente dura per sempre, nemmeno la gioia di un amore ben riuscito.
Ecco, io ringrazio Dio per gli amori, tutti, per i viaggi, per gli amici, per le difficoltà e le risalite.
Ma soprattutto ringrazio Dio per te, per avere ancora generazioni nuove che cambieranno il mondo.
Perchè, tesoro, a cinquantanni io cambio solo dieta per restare in forma.

giovedì 4 dicembre 2014

QUANDO LA VITA INSEGNA

Credo davvero che tutto quello che succede, nella vita, ha un motivo utile all'anima.
Quando le cose sono belle non ci pensiamo, non stiamo a chiederci "Perchè proprio a me", filiamo via contenti, quasi impauriti da tanta felicità, come se fosse possibile rubarla.
Quello che invece può succedere è pensare che durerà: ecco, quello ci sembra spesso un furto.
Ma come, ci diciamo, ero così felice, cosa ho fatto?
Invece, quando le cose non vanno bene, ci chiediamo perchè, cosa abbiamo fatto, ma subito.
In realtà la nostra unica responsabilità è stato nascere.
Quando veniamo al mondo, senza però ricordarci perchè, lasciamo da dove siamo venuti tutte le risposte e tutte le spiegazioni.
In realtà, quando qualcosa accade, fateci caso che porta con sè sempre un insegnamento.
Prendiamo me: tempo fa vi ho raccontato di come il mio paese si sia stretto intorno a me e alla mia difficoltà, di come amici d'infanzia, che non vedevo da tempo e credevo ormai si fossero dimenticati di me, mi vennero in soccorso e poi via via più gente, in un abbraccio solidale che mi rimise in pace con il mondo.
Io, che avevo avuto molti dolori, molte persone nemiche e difficili, vedevo tutta la bontà e mi commuovevo.
Poi, un giorno, alcune persone che per il posto nella società che si erano prese aiutavano chi ha bisogno, mi hanno mentito.
Io sono andata da loro con il cuore in mano, chiedendo loro con umiltà cosa potevo fare per andare daccordo con loro e loro mi hanno sorriso, mi hanno aperto la loro porta.
Ma poi, mi hanno calunniato, hanno avuto paura della sincerità e l'hanno respinta.
Ho sofferto, ma mi sono chiesta: perchè?
E ho capito che Dio manda le persone non perchè noi le cambiamo o le giudichiamo, ma per vedere quanto la nostra anima ha imparato.
Guardavo lo scempio che queste persone avevano fatto e mi chiedevo "Dio dov'è?"
Ho pensato agli ebrei nei lagers, che si facevano la stessa domanda, e mi sono detta che io sono fortunata, a chiedermi la stessa cosa da casa mia, di persone che, in fondo, fanno male a se stesse più che a me.
E ho capito che Dio parlava a me.
Perchè Dio ha fermato quelle persone, ma non quello che loro volevano distruggere, cioè quell'onda benefica che era cominciata con le persone che mi hanno aiutato che, riempiendomi il cuore, mi avevano fatto venire l'idea di aiutare anch'io.
Dio ha aperto le porte a continuare l'aiuto ai poveri, ma ha fermato la cattiveria dei pochi.
Anche i poveri non sono qui tra noi perchè noi li sistemiamo, almeno non solo ed è impossibile aiutarli tutti, ma per vedere quanto la nostra anima si fida di Dio, si fida di una provvidenza che a volte non riconosciamo.
Dio vuole vedere quanto ci costa occuparci degli altri, quelli che non sono a noi cari, che non ci possono ricambiare.
Quanta voglia abbiamo?
Fare del bene può inaridire, ma mai distruggere; possiamo essere stanchi, possiamo diventare aridi.
Ma dovremmo averne paura.
Io ne ho paura.
In questi giorni ho giudicato, odiato, mi sono ribellata.
Ma non è questo che Gesù ha fatto e io mi sono spaventata.
Ecco perchè dico che tutto accade per un motivo.
Mi sentivo buona, perchè collaboravo con istituzioni benefiche.
Invece Dio mi ha detto "Senti, dopo che i poveri ti hanno sorriso, cosa ne dici adesso di sentirle su dai tuoi compagni di viaggio?"
E io non ho retto.
E Dio mi ha detto "Ok, vai avanti, ma ricordati che c'è sempre da imparare"
Eh...Dio ha molta fantasia e senso dell'umorismo.
Ma, Dio...la prossima volta i compagni di viaggio sceglili più simpatici.

venerdì 28 novembre 2014

L'ANSIA

L'ansia la conosciamo un pò tutti: arriva inaspettata, le apriamo la porta per vedere chi è e lei mette il piedino dentro e s'infila. Quando ormai è troppo tardi, ci ritroviamo a preoccuparci di tutto, dal 'ho chiuso il gas?' a 'la CIA mi spia'.
Gli attacchi d'ansia e gli attacchi di panico sono parenti, ma sono due cose diverse: i primi sono maneggevoli, puoi sgridarli e loro passano, mentre i secondi, se li sgridi, ti mandano dritto all'ospedale con i sintomi di un infarto, o di un attacco d'asma e solo i medici capiscono la differenza tra una cosa seria e l'attacco di panico.
Anzi, il pericolo è che li confodano al contrario.
Gli psichiatri li conoscono bene e sono gli unici che non ne ridono e non li deridono: l'attacco di panico simula perfettamente l'infarto o altre condizioni che mettono a rischio la vita.
Perchè è esattamente quello che il nostro cervello vuole dirci.
C'è un momento, nella nostra vita, in cui abbiamo lasciato correre troppo, abbiamo creduto agli altri troppo, abbiamo deciso che era colpa nostra, che eravamo noi gli inadeguati...troppo.
Allora ci dice "Ehi, guardati...se non cambi, finirai con l'ammalarti".
Gli attacchi d'ansia sono l'allarme, il nostro cervello dice "Guarda che stai esagerando, non costringermi a diventare severo".
Gli altri, come noi, hanno le loro opinioni, i loro giudizi, fatti seguendo direttive esterne, condizioni a loro volta subite; ci attaccano e ci definiscono, si comportano bene o male seguendo direttive interne che hanno imparato per difendersi.
E ci scartano.
Così noi pensiamo che è meglio lasciar correre, per non perdere nessuno.
Quanti di noi, per il famoso e famigerato 'quieto vivere' lasciano correre, per tenersi un partner, per tenersi un lavoro.
Molti finiscono isolati, nessuno li vuole intorno.
Ma l'errore è pensare che questa emarginazione affettiva sia frutto di un nostro errore, o di dinamiche sbagliate, che noi non riusciamo a seguire.
Questo allontanamento è solo perchè noi cominciamo a preoccuparci, a diventare ansiosi, a non capire più quando rilassarci.
E gli altri lo percepiscono.
Molti di noi hanno fatto scelte anni prima: famiglia, figli, un lavoro e così finiamo per tenerci le nostre nevrosi in seno, scaricandole su quelli che ci vivono intorno.
Ma quando, come me, la vita ci porta ad essere senza legami, ci si scopre fragili, ci si guarda dentro.
E le nevrosi non le puoi scaricare su nessuno, se non sui pochi malcapitati che ti arrivano a tiro.
La maggior parte della vita, invece, ti guardi in silenzio, cominci a pensare che hai sbagliato qualcosa, se sei così sola.
Non parlo del romanticismo, perchè quello c'è sempre, qualcuno che cerca sesso, o codipendenza, volendo, lo trovi sempre, la relazione di coppia è spesso la culla del rimpallo di nevrosi.
Io parlo di quegli amici che, pur volendomi bene, non condividono le cose con me, se non quando costretti.
Ho chiesto, ieri sera, a un'amica, di dirmi sinceramente se io ho qualcosa che allontana.
Lei mi ha risposto che io parlo troppo schiettamente e poi, sì, in effetti, do l'idea di essere strana.
Stamattina, ho avuto un attacco d'ansia.
Fortissimo.
Mi sono scoperta piena di sensi di colpa, piena di 'te l'avevo detto' e di recriminazioni.
Poi, ho ripensato a quante persone davvero strane ho conosciuto, che hanno una vita normale, un lavoro, amici e una vita sociale.
Io ho oltrepassato il limite.
Ma, soprattutto, non mi rispetto.
Questo ha fatto la differenza: io lo dico con lo sguardo, che sono strana.
Io lo trasmetto con il pensiero, che mi sento fuori posto.
Le persone eccentriche o strane che conosco e che, nella vita, hanno avuto successo sociale, sono convinte di essere giuste così.
Allora ho chiamato il mio terapista.
"Senti, mi hai detto che io, clinicamente, non sono pazza, che sono nevrotica ma non così tanto da giustificare una terapia. Mi spieghi allora questo?"
E lui mi ha risposto " Il primo sintomo di sociopatia è credere proprio che sia sempre l'altro a dover cambiare, l'altro quello sbagliato. Poi, se tu ti circondi di narcisisti, allora devi curare quello"
Ora, io mi sento di incolpare tutti gli altri della mia ansia, forse sto diventando una di quelle sociopatiche accertate...
O, come dice una mia amica "Prima di andare da un medico per curarti la depressione e l'ansia, prova a capire se non hai solo incontrato qualche stronzo".
Allora ci ho pensato.
E ho preso una camomilla.

giovedì 27 novembre 2014

LA MAGIA DEL NATALE

Tra poco comincia il mese più empatico dell'anno.
In questo mese, riusciamo, magicamente, a perdonare tutto, quasi tutto.
Quelli che ci hanno fatto male, quelli che non ci hanno amato come avremmo voluto, quelli che ci hanno amato ma ci hanno lasciato per qualcun altro.
Siamo persino in grado di vedere gli altri come compagni di viaggio, ci sembrano più carini, più buoni anche loro.
Magicamente.
Non ho mai capito perchè il Natale riesce là dove dottrine, sermoni, prediche e tuoni e fulmini non riescono: farci amare di più il prossimo.
Diventa tutto ovattato, ci vengono in mente i regali e per farlo, pensiamo alla persona che lo riceverà ricordando i suoi gusti, cosa la rende felice, cosa ama.
I gesti di una persona, regaliamo candele a chi sappiamo le apprezza, degli esotici the a chi sappiamo ama prendersi una pausa con un buon the caldo, i gesti dicevo, diventano importanti, a volte addirittura spiamo amorevolmente l'altro, per carpire un desiderio, una voglia, che noi soddisferemo impacchettandola tra poco meno di un mese.
Ricordo un amico, anni fa, che mi regalò un cd, i Queen, in un mondo che scopriva cd e telefonini e in cui io avevo ancora, solo, il mangianastri.
Mi diede il cd e, insieme, una musicassetta registrata.
"Intanto che decidi di comprare il lettore cd, altrimenti come li senti, i Queen?" disse
Aveva pensato alla mia inadeguatezza elettronica, si era premurato di registrarmi il cd.
Mai come in questo periodo dell'anno, percepiamo coa l'altro ama, coa preferisce, cosa condivide con noi.
Avete mai provato a guardare l'altro sempre così?
Guardare le sfumature, i gesti.
Ricordo l'uomo che mi ha fatto innamorare e dire 'ti amo' per l'unica volta della mia vita: mi chiedeva cosa amavo, cosa mi faceva ridere, dove ero stata e perchè.
Era interessato a me e alle mie emozioni.
Tutti vogliamo qualcuno interessato alle nostre emozioni.
Un'amica bellissima, famosa come attrice e adorata come donna, mi confidò un giorno di desiderare un uomo che fosse interessato ai suoi sentimenti.
"Sai" mi disse sconsolata " nessuno mi chiede mai come sto. Mi dicono solo che sto un gran bene" concluse ridendo.
Al di là delle battute che le feci, su quanto avessi desiderato io il fascino che lei esercitava sugli uomini, la capii.
Quando l'attrazione è compiuta, l'uomo è pazzo di te per la tua bellezza, ha soddisfatto la sua emozione, il suo desiderio; ma il tuo non è solo quello di essere desiderata, ma anche apprezzata, che a qualcuno interessi di te.
A Natale tutti siamo interessati a tutti e questa è la magia del Natale, ci importa di cose che prima trascuriamo, presi dai ruoli che abbiamo: moglie, marito, figlia, fidanzato, amica.
Invece, quando facciamo il regalo di Natale, quello speciale, non il compleanno, il Natale, diamo un pensiero in più, ricordiamo come un gesto, una parola, hanno indicato un'emozione di chi amiamo, cosa gli fa battere il cuore.
Ecco, cos'è la magia del Natale: ci scopriamo tutti osservatori attenti e compagni di viaggio interessati.
Un bacione a tutti. Buon Natale in anticipo e godetevela.

lunedì 24 novembre 2014

IMMAGINA IL FUTURO CON GLI OCCHI, NON CON LE ORECCHIE

La mia vita sta diventando lunga, cosa che se da un lato accartoccia l'avvenenza, dall'altro permette saggezza dall'esperienza, quindi un'autorevolezza che prima non veniva presa in considerazione.
Ho incontrato gente varia e molti, davvero tanti, spaventati all'idea di provare ad immaginare un futuro regalato, un miracolo di Dio.
Così presi dal vincolo della remunerzione, pronti a dare anche a Dio un prezzo, ci siamo trovati a lottare e inaridire per cose che sono doni del cielo, sempre.
Tutte le religioni sono daccordo nel dire che i risultati sono in mano a Dio, le religioni orientali e le grandi religioni monoteistiche, ma molti si sono incaponiti sulla Legge di Attrazione, storpiando quello che era una verità di fede e facendolo diventare un altro modo per vincere o fallire.
"Non hai pensato positivo" o "il tuo subconscio ha chiesto la malattia, la povertà, la solitudine"
E così abbiamo un nuovo modo di pensare al futuro, frustrante e incomprensibile, soprattutto inattuabile, che ci uccide dentro.
Abbiamo tutti provato l'euforica sensazione di pensare positivo e vederlo accadere.
Ma poi non si sono materializzati grandi amori, auto di grossa cilindrata, business favolosi.
E abbiamo trovato persone, che peraltro di vincente hanno poco, che ci hanno buttato giù con le distorte verità, male intepretate da loro, sulla legge di attrazione e Dio che risponde.
Invero loro Dio non lo nominano mai, parlano di universo.
Ma cosa succede davvero nel nostro inconscio?
Nasciamo con una storia: un metodo di lettura astrologica indiano dice addirittura che ogni nostro passo è definito da una lezione che dobbiamo imparare.
La Baghavad Gita, un libro sacro indiano, racconta la storia di un giovane guerriero e attraverso di essa, le sfide della vita.
Come tutti i testi sacri, dice che il nostro comportamento definisce la nostra anima e il suo cammino, ma la realtà è in mano a Dio, che conosce il segreto dell'Universo e di ognuno di noi.
Anche la Bibbia dice la stessa cosa: i profeti parlano e dicono cosa avverrà se non cambia la condotta di un popolo.
SE.
La parola chiave della libertà che Dio ci ha regalato.
Le persone che si mettono nelle orecchie, denigrando le nostre speranze, umiliando i nostri sogni e nominando una realtà che nemmeno loro possiedono, ci stanno rovinando il futuro.
Semplicemente, dovete trattarli per tali: rovinatori di futuro.
Se voi andate da un ingegnere, andate perchè vi serve dell'ingegneria.
Andare da un ingegnere a chiedere come far passare quel fastidioso mal di schiena vi porterà a congetture dell'ingegnere, alla sua esperienza personale e a un'opinione che l'ingegnere si è fatto sul mal di schiena e su quello che ha visto lui.
Se l'ingegnere è un bravo essere umano, vi da il telefono di chi l'ha guarito, o di chi conosce essere un bravo medico.
Quando qualcuno parla dei suoi sogni e delle sue speranze, non vi sta chiedendo quanto falliti vi sentite voi.
Tutti noi, a volte nella vita, ci siamo sentiti sopraffatti, vinti, demotivati.
Ma se un altro vi parla dei suoi sogni, o si trova in un momento di sfinimento, vi sta chiedendo di ricordargli da dove veniamo tutti.
Dal cielo.
Dalle stelle.
Siamo esseri potenti, saggi, ma inconscienti.
Sbagliamo.
Cadiamo.
A volte piangiamo.
Ma abbiamo il diritto di sperare ancora, di credere ancora.
E nessuno, credetemi, nessuno può dirvi che una cosa A VOI non avverrà mai.
Nessuno può avere la certezza che voi non diventerete quello che volete diventare.
La prossima regina d'Inghilterra è una donna carina e borghese che non frequentava la nobiltà e, soprattutto, è stata lasciata dal principe una volta.
Nessuno pensava che sarebbe tornato.
Ma l'ha sposata.
Quindi non è vero nemmeno che non potete diventare la regina d'Inghilterra.
Ma se non è nella vostra storia, non lo desidererete nemmeno.
Ascoltate il vostro cuore.
Ascoltate i vostri sogni, siate affamati dei vostri sogni.
Portateli con voi, mostrateli solo a chi ne è degno.
Il vostro futuro è nelle stelle da cui veniamo.
Il vostro futuro è negli occhi e nel cuore.
Non ascoltate nessuno.
Non cambiate i vostri piani perchè non siete riusciti.
Ci saranno piani B, ci saranno deviazioni e strade lente e in salita.
Ma l'anima non ha paura delle sfide, perchè sa che sono lì per farla tornare a casa.
Dove non abbiamo più bisogno di niente.
Ma se desiderate qualcosa, non è il momento di lasciar perdere, quel desiderio è lì per farvi camminare nella direzione giusta, non per misurare quanto siete distaccati.
Ignorare i desideri e i sogni significa girare senza mappa e bussola, sperando che la meta si trovi per caso davanti a noi.
Siate affamati, siate folli, diceva Steve Jobs citando un noto fisico.
Siate determinati a volervi bene sempre, aggiungo io.
Steve Jobs se ne voleva.

domenica 23 novembre 2014

AVEVO FAME E MI HAI DATO DA MANGIARE

Qualche giorno fa, il Papa ha sottolineato un aspetto della carità che pochi guardano: ha posto l'attenzione sulla qualità del cibo che diamo ai poveri, sulla qualità della vita che potremmo dare e non diamo.
Trovandomi dalla parte opposta della barricata, è stato per me importante che il Papa abbia dato voce alla domanda che mi pongo e ci poniamo noi poveri davanti alle istituzioni che si occupano di noi: ma voi, questa roba, la mangereste?
Le istituzioni potrebbero dare il cibo che mangiano i loro impiegati, i loro sostenitori, lo stesso cibo che i miei amici mi regalano con cuore sincero, cibo a volte comprato, a volte personalmente cucinato, cioè cibo buono, di qualità, nutriente.
Non cibo scadente.
Non parlo delle sottomarche, di cui spesso fanno uso anche le famiglie che fanno la spesa personalmente.
Ma di quel cibo davvero scadente, con etichette illeggibili perchè in lingue non europee, destinato, proprio perchè scadente, a paesi in cui le leggi di tollerabilità della qualità del cibo sono molto elastiche.
Il fresco poi, ne ho fatto esperienza diretta, è quasi marcio, quando ancora mangiabile non davvero una delizia al palato e tutto ha una frase che mi son sentita dire da uno dei condottieri dei magazzini del cibo gratis "Se han fame mangian quello che c'è"
Questa frase me la diceva mia madre, quando non gradivo la verdura o qualche piatto, che magari non le era riuscito bene.
La differenza era che vivevo in una famiglia benestante, in un mondo benestante, dove ci si permetteva di scegliere secondo il gusto.
Al di là del fatto che credo sia sacrosanto che un povero debba scegliere secondo il gusto, dare cibo scadente ai poveri li mette nella condizione di star male, di avere difficoltà fisiche e di non ricevere i nutrienti che fanno di un corpo un corpo efficiente.
Di povertà si muore.
Ci si ammala di più, ci si deprime di più e ci si spegne.
I ricchi muoiono di malattie che i poveri non conoscono.
Ma i poveri muoiono di malattie che potrebbero essere evitate con una minima attenzione e garbo da parte di chi se ne occupa.
E parlo delle istituzioni.
Anche grandi.
Istituzioni lasciate ai singoli e ai loro pruriti, alle loro meschinità.
Chi dice quella frase non sa cosa sia la fame, se non per aver cercato una dieta che non è riuscito a mantenere.
Il Papa ha ripreso questo peccato e ha ribadito di non approfittare dei poveri, perchè saremo giudicati.
Una battuta che gira negli ambienti "occupati di un povero e ci camperai tutta la vita" deve uscire dalle istituzioni cattoliche e cristiane, per dare spazio a una carità vera, che si chiama condivisione.
Condividere quello che abbiamo in tavola, condividere una speranza per un domani migliore, dire a tutti che la vita cambia e diventa più bella, prima o poi.
Vedere le istituzioni che chiamano a testimone Gesù o i santi dirmi che sono un rifiuto della società porterà loro a vivere una vita meschina, mentre noi poveri erediteremo il regno dei cieli.
Perchè?
Perchè non abbiamo fatto male a nessuno.

sabato 22 novembre 2014

IL CUORE DI VEROLA

Sono nata e vissuta a Verolanuova, con un'interruzione giovanile adulta, per via di scuole e matrimonio, poi l'America.
Per anni, come una filastrocca e a volte come battuta, ho sentito i miei genitori e i loro amici scherzare sul carattere basso-bresciano del mio paese, quella rugosità longobarda che ci fa 'litigare' con Verolavecchia.
"Il nonno" raccontava mio padre "diceva sempre: stai attento, se guardi bene, quelli di Verolavecchia ti guardano per prima cosa le scarpe"
E io notai, da allora, che in effetti lo sguardo si abbassava un istante, in quelli di Verolavecchia, per guardare quelle che, negli anni 60, definivano se avevi fatto soldi o no.
Mio padre amava profondamente Verolanuova e il suo paese non lo ha ricambiato sempre, ma al suo funerale, i suoi ex operai piangevano, nonostante il suo carattere rugoso e fumino.
Sono cresciuta pensando che il mio paese fosse di ghiaccio, con gli occhi fissi sull'Ocean e il denaro.
Per anni, non ho fatto che scappare dal mio paese, sicura che la solidarietà e l'amore li avrei trovati fuori di qui, una spina nel cuore di mio padre, che voleva che amassi la mia terra, ma io ero convinta che fosse arida, senza frutto.
Poi, un giorno mia sorella venne a trovarmi, da Imola; stava passando un brutto periodo e scoprii che le sue ex compagne di scuola le si erano fatte intorno per consolarla, proteggerla dalla vita e rincuorarla.
Fu la prima volta che mi meravigliai: ma come, mi dicevo, sono verolesi, dove è stato questo cuore tutti questi anni?
Poi scrissi questo blog, in cui dicevo che avevo delle difficoltà.
E dal niente, sono emersi tanti fari nella notte, tante mani protese.
Mi sono commossa e ho gridato al mondo, letteralmente, quanto è grande Verolanuova.
L'ho detto a un amico giornalista americano, che ha raccontato di noi nel suo giornale, di questo paese solidale che adotta una compaesana, di come gli italiani affrontano la crisi con il cuore in mano.
L'ho raccontato a un giornalista italiano, che ha pubblicato sulla pagina facebook la mia esperienza, ricevendo migliaia di likes.
Questa è Verolanuova, che io non conoscevo perchè il mio paese non conosceva me.
Chiusa nel mio cercare un posto nel mondo.
Verola è grande, Verola ha un cuore che io conosc.
E' ora che venga fuori la vera natura di questo paese, quella dei pronipoti degli amici di Paola Gambara, quella gente che sapeva ricevere la carità e riconoscere il bene.
Il bene che si fa nella vita dura nei secoli: io stessa ho distribuito il pane che un generoso fornaio aveva regalato per i poveri, nelle stanze della casa della beata Paola.
Era quello che avrebbe voluto, lei che lo faceva qui e a Bene.
Verola deve essere conosciuta per quello che è: un paese che si stringe in comunità, che sa ascoltare.
Basta con le battute su come siamo freddi, non è vero.
Basta sui miti di come siamo longobardicamente testardi. non è vero.
Siamo tenaci.
Siamo tosti.
Ma abbiamo un cuore che funziona.
E non vogliamo che le maldicenze e il malumore dirigano i nostri passi.
I paesi, si sa, covano sempre queste cose, le chiacchiere, le stoltezze di alcuni: noi le abbattiamo, generosi con la debolezza umana, ma di pietra nel lasciare che questa ci diriga e ci identifichi.
Un giorno a Brescia, presentando il mio libro, mi hanno fatto due domande a cui ho risposto così:
Ma siamo sicuri che un reparto ospedaliero sia così empatico?
L'empatia si dona, per riceverla e sì, credo sia possibile.
Non sempre, ci sono giorni in cui l'atmosfera è carica di dolore e stress.
Allora la nostra empatia di pazienti sta nell'accettarlo.
Ma la Bassa non è terra di silenzi e egoismo?
La Bassa è terra di lavoro e nebbia, di conquista e afa e quello che siamo diventati è un popolo che non ha bisogno di smancerie, ma che sorride quando c'è da sorridere e scava quando c'è da scavare.
Il giorno dopo, mi ha raccontato l'amico che mi aveva invitato a parlare a un'associazione culturale, che fa gite locali, la nostra terra è stata subissata di richieste di visite.
L'empatia è una qualità che si moltiplica, la rozzezza d'animo non ha scampo.
Verola vincerà e chi non è capace di empatia dovrà stare a guardare e imparare..
O resteranno soli.

lunedì 17 novembre 2014

NON PERMETTERE A NESSUNO DI FARTI CREDERE DI NON ESSERE IMPORTANTE

Non so se vi ricordate Frodo, il piccolo hobbit protagonista del film "Il Signore degli Anelli": l'attore che lo interpretò si chiama Elija Wood, canadese.
Ebbi la gioia di incontrarlo a una festa, dove lui era l'ospite d'onore credo per il compleanno, insieme a tante persone note e credo io fossi l'unica che nella vita non aveva un fan.
Della mia vita americana e di quella parte glamour parlo poco perchè finisco per sembrare Paolo Limiti, con una vita alle spalle e tanti nomi, ma niente in mano, così cito solo quando davvero vale la pena.
Guardavo fuori dalla finestra di questo loft al molto su piano e mi chiedevo come mai io , nella vita, non riuscissi a trovare la mia strada.
C'erano, a quella festa, persone molto brave nel loro lavoro, alcune molto fortunate, ma alcune proprio non capaci, lì solo per matrimonio o legame sentimentale o parentale.
Mi si avvicina questo, che allora era un ragazzino di quasi venticinque anni, a cui era piovuto addosso un successo strepitoso, che avrebbe potuto credersi un dio, e mi chiede a cosa penso.
"Che forse" rispondo io "non sono poi così brava come credo. Se no avrei il mio posto nel mondo"
"Qualcuno ti ha fatto credere questo, un essere umano non pensa mai istintivamente di non valere, deve averlo fatto qualcuno per te"
Io alzo le spalle.
"Beh" dico "cosa ho mai fatto? Fatico e corro a destra e sinistra e non combino niente. Forse hanno ragione, non mi do da fare nel modo giusto, non abbastanza....mah"
Lui mi sorride, poi mi volta di nuovo verso la finestra e, cingendo le spallle da dietro, mi dice
"Guarda questa città: imponente, frenetica, viva.
Qui tutti sognano di farcela, di diventare qualcuno.
E tutti hanno la stessa possibilità, perchè tutti nasciamo con qualcosa che sappiamo fare bene.
Ma non c'è posto per tutti.
Alcuni non li conoscerai mai.
Ma non significa che non hanno fatto bene il loro lavoro e la loro vita."
Poi mi volta verso di lui
"Non permettere mai a nessuno di farti credere di non essere importante. Mai"
Mi da un bacio sulla fronte e mi sorride, poi se ne va.
Non l'ho più dimenticato.
Ogni volta che mi attaccano, ogni volta che vogliono farmi credere di essere inadeguata.
Sbagliamo, nella vita e ammetterlo non è la cosa peggiore; la cosa peggiore è farcelo dire dagli altri e cercare giustificazioni.
Perchè facendolo, cerchiamo subito le mancanze degli altri, per sentirci meno soli.
L'errore non è in sè dannoso, dannoso è farne uso.
Far credere a un altro che è lui che sbaglia perchè è lui, la sua natura, è peggio che inveire perchè ha fatto un errore.
Insieme alla preghiera, mi ripeto spesso questa frase di Elija Wood, il suo sorriso sereno, che mi ricordano che ogni volta che possiamo dire qualcosa di buono agli altri, dobbiamo farlo, perchè loro lo useranno meglio che credono.
Anni fa, una persona di un altro gruppo mi ha ferito profondamente, scuotendo la mia fede dalle fondamenta.
Nel momento di grande rabbia che ne era seguito, dovevo incontrarmi con lui per parlare.
Mi ero preparata un discorso in cui sottolineavo tutte le sue mancanze, vere, e lo accusavo di aver usato il suo potere per farmi del male.
Il prete a cui confidai questo mi ascoltò, poi mi disse
"Sì, vero. Hai ragione. Fai quello che vuoi, ne hai il diritto e Dio ci lascia liberi. Ma ricorda che quando lui sarà in difficoltà, in un momento brutto, potrebbe essere quello che tu hai detto a venirgli in mente per primo.
E abbatterlo definitivamente"
Quell'uomo non sa ancora adesso, dopo dieci anni, cosa avevo in mente e da allora io penso a quanto mi importi di aver ragione.
Chi ci fa credere di essere sbagliati, inadeguati, uno scherzo della natura, in ogni modo, ha nel cuore o la cattiveria o la tristezza.
In entrambi i casi non è affar mio.
Ma nessuno deve farmi credere di non essere importante.
Grazie Elija.

sabato 15 novembre 2014

NON SIAMO I MAESTRI DEL NOSTRO PROSSIMO, SIAMO I TESTIMONI

Quando qualcuno collabora con gruppi che hanno alti ideali, come l'assistenza ai bisognosi, la trasmissione della fede o nella sanità, si trova a vivere appieno l'essenza del gruppo.
Parlo anche di chi lavora, prende del denaro per questo, come i medici, il personale di grandi associazioni come la Caritas e quegli organismi che sono nati dal bisogno di un progetto articolato.
Queste persone si trovano ogni giorno a vedere, sentire e toccare la fragilità umana e questo li rende, può accadere che li renda, affaticati, stanchi, preoccupati.
Non sottovalutiamo l'impatto che otto ore di fronte alla malattia, al lamento, alla vulnerabilità del nostro corpo può causare a un essere umano che, anche se attrezzato emotivamente, è pur sempre umano.
E quando hai a che fare con il persistente memorandum di quanto siamo imperfetti e caduchi, noi abbiamo reazioni diverse, ma sempre a loro modo violente.
Possiamo diventare nervosi, possiamo diventare arroganti, aggressivi, o buoni ed empatici fino all'ingenuità, oppure ancora convinti di essere nel giusto, mentre gli altri sbagliano.
In ogni caso, tutti facciamo l'errore di guardare fuori: la nostra idea, il nostro comportamento, la nostra stima sono tutti proiettati fuori, a dire agli altri quanto sono importanti le nostre convinzioni, quanta ragione abbiamo.
Gli altri, finito di valutare le nostre ragioni, concludono solitamente che le loro sono migliori, più empatiche, più ovvie e, soprattutto, più 'ragionevoli'.
E se facessimo il contrario?
Se usassimo la nostra idea, comportamento e stima per valutare quanto valgono gli altri?
Un esempio:sono sicura che la mia idea di aiutare il prossimo con la raccolta del fresco sia la migliore attuabile?
Sono sicura che la mia autostima abbia fatto tutto il possibile per comprendere l'amor proprio dell'altro?
Se sono convinta che la mia idea di raccogliere tra la popolazione un euro al mese e usarlo per i poveri come buono acquisto, è così davvero?
Gli altri hanno ponderato solo le negatività: ci sono poveri che mentono. Sì.
Ci sono poveri che li userebbero male. Sì.
Ci sono persone che si risentirebbero perchè la nostra idea è migliore del loro modo di fare carità usato per anni. Sì.
Allora?
Se testimonio con la mia vita che ci credo, se testimonio con il mio comportamento che si può fare, allora i dubbi non saranno più dubbi, ma reti di difesa per non fare, accuse contro noi stessi, perchè quando accusiamo gli altri, accusiamo noi stessi.
E testimoniare quando tutto è contro significa accettare il silenzio.
Senza recriminare.
Senza attaccare.
Ed è doloroso, come ogni testimonianza.
Ma tutti ne diamo una, sempre.
Se diamo con cuore avido, abbiamo paura di essere turlupinati.
Se diamo con cuore arrogante, abbiamo paura che qualcuno non abbia più bisogno di noi.
Il peccato più grande che possiamo fare è pensare che l'altro deve restare nella sua condizione, se la merita e non deve sentirsi bene perchè noi lo aiutiamo, perchè noi fatichiamo, andiamo a lavorare, passiamo giorni a fare cose che non ci piacciono più o non ci sono mai piaciute.
E non sopportiamo che qualcuno sorrida perchè noi lo abbiamo aiutato.
Ci raccontiamo la favola del dare, meraviglioso dare, ma cadiamo alla prima smorfia di disprezzo  del povero, che ricordate ha uno spirito affinato dalla fame e sete del deserto.
Dio ci manda nel deserto per sfinare lo spirito, dice un midrash, perchè ascoltiamo, riceviamo.
E il povero perchè è così importante per Dio?
Perchè ci dice dove siamo.
Ce lo dice con lo sguardo attento, con richieste che non possiamo soddisfare, con quell'occhio accusatore che ci fa sentire inadeguati.
E allora diventiamo vulnerabili, ci trinceriamo dietro malesseri e accuse, usiamo insulti e disprezzo per poterci sentire di nuovo giusti.
Giusto è chi mostra quello che è davvero, con le sue cadute, la sua incapacità e la forza della preghiera che lo rimette in piedi.
Dopo aver pregato, ho avuto questo pensiero: cosa devo fare perchè vedano Dio?
E mi sono accorta che non ho pensato a cosa dovevo fare perchè vedano la mia idea, la mia giustizia, ma Dio.
E ho capito che non veniva da me.
E ho guardato Gesù e ho pensato: Gesù ha parlato, e l'ho fatto; Gesù ha rovesciato i banchi del tempio, e l'ho fatto.
Gesù è stato in silenzio quando era ora di stare in silenzio e questo deve essere fatto.
Gesù non mi dice hai ragione.
Gesù non mi dice vinci.
Gesù mi dice: Vai avanti tu

martedì 11 novembre 2014

LA STUPIDITA'

Facebook per me è il bar che non ho mai frequentato, il muretto della mia infanzia, dove noi bambini del quartiere andavamo a sederci, aspettando gli altri.
Per questo tendo a cancellare le persone che non interagiscono, sono come quegli avventori che bevono il loro caffè e se ne vanno, o al massimo leggono il giornale o parlano solo con chi conoscono.
Per questo, io non prendo molti likes, nemmeno se metto qualcosa di interessante.
Gironzolando per altri profili, e non parlo di quelli con cui interagisco, ma dei famigerati "persone che potresti conoscere", mi sono accorta di quanto le persone tendano a mostrare foto allegre, gite serene, bevute in compagnia.
Se facessi un viaggio, vorrei farlo sapere a tutti?
Se una festa mi riesce bene, vorrei proprio dirlo a tutti, compreso i milleduecento amici che non so nemmeno chi siano?
A me piace vedere gente che è interessata a scambiare due chiacchiere, tre opinioni, anche qualche cazzeggio, ma la stupidità proprio non la sopporto.
La foto allegrissima, gli spazi infiniti dove ci siamo immortalati sperando di ricevere tanti likes non sono la nostra vita, sono una sceneggiata.
Ma è la parte di facebook che è slittata ai primi posti.
Perchè nessuno ha voglia di dire altro, perchè nessuno ha voglia di dire " io mi sto rompendo i c... della vita senza senso che sta vivendo il Paese e di conseguenza io"
Se hai più di trent'anni, fai fatica a trovare lavoro e non fatevi ingannare dai titoloni che dicono che i giovani non trovano più: i giovani ventenni trovano eccome, non ne conosco uno a spasso.
Conosco i ventenni che storcono il naso sui lavori umili, quelli si.
Ma sono i trentenni che non trovano, quella generazione che è nata con la crisi, l'ha sempre sentita nominare e si è abituata a non sognare, ad arrendersi.
E vivere di stupidaggini, come il fatto che la vita è bella se ti diverti, se hai un pò di osldi, se hai duemila amici, se sei popolare.
No, la vita è bella se il tuo dottore ti scrive due battute su un post, se il tuo amico, quello che vedi sempre e se proprio vuoi sentirlo lo chiami, ti scrive su facebook.
Se non ci sono soldi per un viaggio, o se il viaggio era una noia mortale, ci si vuole bene lo stesso e se divertirsi è fuori discussione, perchè c'è il mutuo, perchè il matrimonio va come va, si scrive ciao, o si mettono le foto dei tramonti, quelle con su scritto buona sera.
Come si farebbe incontrando un amico per strada.
Ci stiamo abituando alla mediocrità, al voler piacere a tutti i costi e non parlo della mia generazione, che ha vinto e ha perso e visto il mondo diventare dei potenti e basta.
Parlo di quegli stolti giovani che devono ancora vivere, che non hanno buttato giù il muro di Berlino, che non si sono rimboccati le maniche dopo la guerra, di tutti quei disillusi a cui i genitori, noi, forse non hanno insegnato a sognare.
Perchè è nelle crisi che si sogna, è quando non ci sembra ci siano speranze che si lotta e si riemerge.
La stupidità e l'oblio non hanno fatto mai avanzare nessuno.
E per rispondere al figlio di un'amica, che un giorno proprio su facebook mi disse che è colpa della mia generazione se loro sono così, ricordo che incolpare gli altri per le proprie cadute è la cosa più stupida che si può fare nella vita, a parte spendere soldi per incartare pacchi.

giovedì 6 novembre 2014

RICCHEZZA E NOBILTA'

E' difficile riuscire a vedere chiaramente dove finiscono le nostre ragioni e cominciano quelle dell'altro.
Collaborare con un gruppo presuppone l'umiltà di accettare che anche gli altri vogliono, come noi, essere rispettati e l'amor proprio di sostenere comunque le proprie idee, anche se osteggiati.
Una buona idea non diventa una pessima idea perchè nessuno la sostiene, come una cattiva idea non diventa buona perchè la maggioranza la trova fattibile.
Ho pensato molto alle mie reazioni di questi giorni nei confronti di chi mi aiuta nel aiutare i poveri di Verolanuova.
Non sono nella disposizione d'animo di tollerare meschinità e giri di parole, altrimenti li vedrei per quello che sono, vagiti di bambini che fanno i capricci perchè hanno fame.
Anche io ho fame.
Fame di comprensione e rispetto.
Invece, in nome della tolleranza e del rispetto verso chi parla alle spalle, fa una carità pelosa e vergognosa, si è gettato alle ortiche il rispetto per me e la mia dignità.
Dirmi poi che grazie a me si sono fatte grandi cose è lo zucchero che si da al bambino che fa i capricci, ma io non sto facendo i capricci.
Io sto dicendo che esigo rispetto.
Se il Papa avesse detto "Eeeh, bisogna far stare buoni questi anziani, tollerare i loro capricci" noi avremmo ancora la Chiesa di due anni fa.
Se non mi si vuole dare rispetto, io sono nel posto sbagliato, mentre chi viene ascoltato e rispettato è nel posto giusto.
Castel Merlino era di persone, la beata Paola prima e infine la signorina Morelli, che hanno dedicato ai poveri le loro risorse.
Nessuno lì è padrone più dei poveri, nessuno dovrebbe essere a casa più dei poveri a Castel Merlino.
Noi poveri non abbiamo bisogno di paternali su come si gestisce una vita che chi ci parla ritiene di avere vissuto nel modo giusto.
Anche noi lo abbiamo fatto.
Anche noi che non lavoriamo, anche chi beve, chi si droga, tutti noi per Gesù abbiamo vissuto una vita degna di rispetto.
Solo che abbiamo bisogno di aiuto.
E se non lo si vuole dare, allora si deve chiamare il dare non carità, ma gestione.
Gestione di chi è meno di te, gestione di chi possiamo manipolare e dirigere.
Perchè questo è quello che facciamo, quando neghiamo la dignità di scegliere a un povero, relegandolo nel 'dopo ne approfitta'.
Un ragazzo, l'altro giorno, mi ha chiesto se trovavamo anche il lavoro: che richiesta bizzarra per un parassita approffittatore, vero?
A me piace dare a piene mani, spiegando bene che se finisce, ci sarà la settimana prossima.
Nessuno è andato via a mani vuote.
Mai.
Con me.
Perchè Dio sembra moltiplicare le risorse.
Sempre.
E io mi fido.
Non faccio 'carità casuale' come mi è stato detto, ne' faccio 'confusione'.
Tant'è vero che chi si riempie la bocca con la parola empatia e ascolto, non sa che quel giorno, in cui ho dato 'casualmente' e fatto confusione, ho parlato e ascoltato persone che mi hanno detto che pregheranno il loro Dio per me.
I musulmani non pregano il loro dio per chiunque e non lo dicono a vanvera, come facciamo noi.
Per loro, quella è una promessa seria e mantenuta.
E l'hanno fatta a me.
Io ho preso quello che avevo raccolto fuori, pane e frutta, e li ho invitati a servirsi.
Solo così vedo la carità.
io non faccio le porzioni, perchè Dio non le ha fatte nel deserto con la manna e Gesù non le ha fatte con i pesci.
Il resto è demagogia, organizzazione e controllo.
Nessuno, ribadisco nessuno, mi ha chiamato per chiedermi cosa era successo: nel nome del non facciamo chiasso, un giro di telefonate e sotterfugi ha sporcato quello che era solo una discussione.
Non si placano le discussioni mettendo a tacere il più debole.
Si placano ascoltando tutti.
L'invito a non fare polemiche si riferisce alla rete di trame nascoste che chi ascolta riferisce sempre, non fatevi illusioni.
Chi lavora nell'ombra lo farà sempre.
Io dico parolacce, sono impulsiva, ma vado dritta al punto.
La carità non è centellinare.
La carità è guardare il povero e dire "Caspita, Gesù, ma come mai sei ridotto così?"
Cosa fareste voi, se aveste la grazia di trovarvi di fronte il Figlio di Dio e poteste fare qualcosa?
Pensateci, perchè quello che fareste dovete farlo a chi viene a chiedervi aiuto.
Altrimenti Dio lo manderebbe da un'altra parte.


domenica 2 novembre 2014

IL SEGRETO DI UNA RELAZIONE FELICE

Qualche giorno fa, un'amica sposata da vent'anni mi chiama in lacrime.
"Mio marito se ne va: dice che è innamorato di un'altra"
Resto molto sorpresa, perchè questa amica veniva amorevolmente presa in giro per il suo modo affettuoso ed entusiasta di parlare del marito, oltre ad essere chiaramente dedicata a lui.
Mi sorprende ancora di più dopo che un'altra amica, questa sempre feroce e a tratti sgarbata con il marito da vent'anni, si colpevolizza di essere stata troppo dura con lui e averlo perso.
Sono divorziata io stessa e posso dire che non ho più un amico o amica sposati felicemente che abbiano la mia età.
Se leviamo quelli che mentono, si illudono o vivono nel diniego, non ne resta uno.
Il segreto per far durare la coppia esiste?
La prima difficoltà è che siamo in due: posso fare tante cose belle, ma se l'altro non collabora, o peggio prende il mio andar daccordo per pusillanime arrendevolezza, resto a sorridere al niente.
Ho visto donne vipere, gelose, arpie; ho visto donne dolcissime, comprensive e discrete, ma ho visto entrambe tradite e lasciate.
Ho visto donne buttare la loro vita nell'ombra, aspettando anni un uomo che le teneva come amanti, per poi lasciare la moglie per una più giovane e non innamorata di loro, ma del loro portafoglio.
Il fatto è che l'amore e l'attrazione fisica si somigliano, ma non sono la stessa cosa.
Creano aspettative diverse: un amico diventa un pilastro, c'è quando ci deve essere e ci sgrida quando facciamo cazzate.
Un partner c'è sempre, se è un buon partner ci sostiene, ma piano piano perde quell'attrattiva che ce lo faceva vedere come un dio.
E restiamo male.
Allora troviamo falle ovunque.
In realtà, la falla è una sola: non ci attizza più.
Questo è difficile da accettare, sia per gli uomini che per le donne.
Per prima cosa perchè se una donna ha attratto perchè era bella, quando l'attrazione svanisce, l'uomo trova mille cose per sostituire quella 'chiamata' all'attacco.
E la donna si sente trascurata, lo vede assente, emotivamente e fisicamente.
Se un uomo ha attratto la donna perchè era dolce, protettivo, focoso, quando l'attrazione se ne va, la donna lo accusa di mille cose, si trascura, pensa solo ai figli.
Ma la via d'uscita non c'è.
Almeno a questa morte dell'attrazione.
C'è la scoperta dell'amore.
C'è la rinascita della empatia, della solidarietà.
Essere innamorati è un bellissimo stato, ma che ci serve, da giovani, a scegliere un partner.
Vivere desiderando quella sensazione, è come vivere sperando di correre a casa a mangiare, di correre a fare quello che ci piace, sia sesso, bere, drogarsi.
Affrancare l'amore dal bisogno è la cosa più difficile per l'essere umano.
Forse non siamo fatti per viv
ere per sempre insieme.
Ma è l'unica cosa che conosciamo.
Ci siamo adattati alle famiglie allargate, ai terzi matrimoni, alle coppie con dieci o vent'anni di differenza.
Ma non ci abitueremo mai a vivere l'amore per quello che è: un sentimento che unisce, non un'emozione che estingue.

venerdì 31 ottobre 2014

LA RABBIA

Dicono che la solitudine è il campo da gioco del diavolo.
Lo dice un teologo, non bau bau e micio micio.
Io la solitudine la conosco bene, anche quella cattiva, la solitudine fisica, fatta di giorni vuoti di parole e sguardi.
Ma anche quella dell'incomprensione, fatta di relazioni che non sono come ti aspetti e di uomini che non ti vedono come si aspettavano.
E' facile scivolare nel vittimismo, incolpare il fato o le persone.
In realtà i miei problemi con gli altri sono i miei amici migliori, sono i miei problemi che mi parlano di me, che mi dicono dove sanguino.
Come sintomi di una malattia, i miei problemi mi indicano dove curare la mia anima.
Sia chiaro che non dico che non è mai colpa degli altri: l'altro, che ricordo siamo anche noi per qualcuno, è spesso indifferente, o peggio cattivo, o peggio insensibile, ma noi dobbiamo trovare la forza di superare le mancanze altrui.
Un racconto zen dice "Prendi un sasso, poi guardalo e insultalo, digli le cose più umilianti. Poi guarda la sua reazione. Adesso liscialo con complimenti e parole gentili. E guarda la sua reazione. Quando diventerai così sarai sereno"
Quello che ne facciamo delle parole altrui è affar nostro.
Purtroppo abbiamo un carattere, una personalità che ci fanno reagire agli altri con meccanismi che sono stati utili, ma ormai obsoleti.
Nessuno di noi girerebbe con un citymen, il primo cellulare grosso, pesante e senza internet.
Allora perchè girare con qualcosa che ci ha difeso e fatto vivere quando avevamo quattro anni, quando ne abbiamo trenta, quaranta, cinquanta?
Ma è quello che facciamo, schiacciati dal peso di un'azione contingente.
Io provo rabbia: non la vinco, mi lascio sopraffare, mi accartoccia e mi distrugge.
Esco da questa lotta stremata, con la gastrite e il fegato a pezzi.
Ma sono felice di uscirne.
Grazie a Dio.
Devo proprio dirlo: io non ce la farei mai da sola.
Dio mi ha messo, ci ha messo, nel cuore una scintilla che però devo cercare di far diventare un fuoco.
Allora mi scaldo, allora ricordo che sono qui per imparare.
E tornare a casa.
Ieri ero pronta alla battaglia.
Guardavo tutte quelle persone che non mi conoscono bene.
Li guardavo e li vedevo dire cose assurde, ma assurde perchè loro hanno una storia diversa dalla mia.
E dicevo a Dio: ma perchè insisti a mescolarmi a loro?
Perchè io devo dire a loro cosa provo e devo vedere cosa provano loro.
Che senso avrebbe circondarsi di persone daccordo con me, che mi danno ragione sempre, che nutrono il mio ego senza mai metterlo in discussione?
La bambina invisibile, cresciuta con i suoi personali parametri e per questo troppo vulnerabile alle critiche, perchè se sei senza certezze, ti scuote qualunque dissenso, è ancora lì, rabbiosa per non essere compresa, furente per essere lasciata sola con i suoi pensieri.
Anche se molte persone mi hanno aiutato.
C'è sempre il risentimento per quei pochi che dovevano, come i parenti, e non l'hanno fatto.
Per quelle persone che hanno deciso che ero antipatica e mi hanno emarginato.
Oggi sono una donna più forte, che può scegliere con chi uscire e vedersi perchè non 'soffre' più la solitudine, quando arriva.
Che non ha un uomo tanto per averlo, ma sta con chi le fa battere il cuore.
Che piange quando questo non succede, ma si asciuga le lacrime e ricomincia la ricerca.
Vi invito a cercare una canzone, parte del musical "Don Quixiote", che si chiama "The invisible dream"
qui trovate il testo in italiano http://lyricstranslate.com/it/impossible-dream-il-sogno-impossibile.html
Io vivo così e sono sicura che, come dice la canzone, il mondo sarà un posto migliore solo perchè qualcuno ha creduto in qualcosa di impossibile.
Vincerò la mia rabbia, diventerò una donna migliore e il mondo sarà un posto migliore.

domenica 26 ottobre 2014

CANTASTORIE

Io sono capace di raccontare storie articolate, con particolari, in un minuto e farle sembrare vere.
E' il mio lavoro e quello che so fare meglio.
Farlo senza dire che sto raccontando una storia è a mia discrezione.
Nessuno lo saprebbe: perchè la mia vita è molto strana, per esempio mi può succedere di pranzare con Russell Crowe e non avere da pagare il biglietto di ritorno da Milano nello stesso giorno.
Essere a New York con uno degli uomini più ricchi d'America e in coda alla mensa dei poveri.
Quindi sono un caso strano.
Ma anche perchè la vita riserva sorprese e una delle cose che io dico a tutti è: nessuno può garantirti che ti andrà male, o bene; gli angeli infatti, quando ti aiutano con i sogni o i messaggi nella realtà, ti dicono in linea di massima come andrà, perchè questo è quello che noi sperimentiamo in questo mondo, una realtà malleabile e modificabile con l'azione.
Una volta, perchè ero innamorata e credevo di non valere abbastanza, ho raccontato storie a un uomo.
alla fine, però, gliel'ho detto e questo non mi assolve, ma sono felice di averlo fatto, scegliendo di smascherarmi anzichè vedere se succedeva.
Eppure, ogni giorno vedo persone che mentono in modo terribile e manipolano la gente e sono le più amate e rispettate.
La menzogna, soprattutto quella che vogliamo sentirci dire, è la droga che miete più vittime.
Un frate, un giorno mi disse "Quando attaccano con gli 'issimo' c'è da aver paura"
Io temo gli issimo più delle critiche, perchè so che nascondono qualcosa che mi farà male.
Io non sono simpatica, se mi fate qualcosa mi arrabbio e lo dico al mondo intero.
Ma ve lo dico anche in faccia, cosa non gradevole, io odio quelli che "Io sono una che dice sempre la verità", perchè innanzitutto non è la verità, ma veleno vomitato da un ego ferito, solitamente, e spesso nemmeno ferito al momento, ma da anni di aggressività latente.
Beh, io sono una che, se si arrabbia, vomita tutto quello che le hanno fatto passare e la cosa non mi fa onore e mi fa anche perdere un sacco di tempo, perchè devo passare i giorni seguenti a chiedere scusa.
Ma ho notato che le persone che invece il veleno lo tengono sotto controllo sono quelle che lo iniettano poco alla volta, con la menzogna melliflua.
"Hai visto come è dimagrita ...."
"Sì, credo stia a dieta"
"Eh...sono davvero dispiaciuta per lei...."
"Perchè?"
"Non hai notato che lei e il marito si guardano di sfuggita, sembrano mal sopportarsi....mi spiace così tanto"
Questo è un esempio di come una mia conoscente ha acquisito la nomea di sensibile e cara, tutti le credono e la credono davvero 'buona'.
Io aggiungerei buon...isssssima.
Sembra sempre parlare per il bene dell'altro.
Così ha sparso la voce, preoccupatissima, della malattia di una delle figlie di un'amica.
Di svariati divorzi.
Del vero motivo, secondo lei, per cui io non trovo lavoro.
Quando io ho chiesto della salute della suddetta ragazza, mi sono sentita rispondere che non avevano piacere parlarne con me.
Un amico, incontrato un giorno e che mi era stato detto stava per divorziare, mi raccontò quanta passione, dopo ventanni di matrimonio, c'era tra lui e la moglie.
Al mio stupore, rispose "No, perchè sai, dicono che divorzio, ma ci amiamo come il primo giorno"
Come dice sempre il mio terapista: se ti ami come il primo giorno, quel giorno non è mai stato un granchè, ma questo io non l'ho detto all'amico.
Mi è bastato vederlo insieme alla moglie e ai loro miagolii per far sapere a tutti che loro fanno anche sesso come il primo giorno.
Allora io ho chiesto "Fa ancora cosi male?"
Io sono cattiva e pettegola.
Allora torno a raccontare storie.
Sono più belle e puoi abbondare.
Soprattutto, se dici prima che sono storie, non manipoli nessuno.

La mia giornata, lavorativa, da interprete, con Mr Crowe era già diventata una relazione con 'quello di 300'.
Invece io, sentendo la fandonia, ho sorriso e detto "Magari Mr Crowe mi ha trovato carina, però non l'ha detto"
Invece, se volete una storia come si deve, vi racconto di quella notte con George Clooney...

giovedì 23 ottobre 2014

MA...PERCHE'?

Da qualche tempo mi occupo di procurare cibo ai più poveri.
Avendo provato l'angoscia che prende, quando la dispensa è vuota e il protafoglio non esiste, e sapendo la sensazione che da vedersi svuotare lo scaffale del cibo, vedere ogni giorno sempre più spazio e non sapere se arriverà qualcosa, mi sono intestardita a cercare cibo vario e abbondante per i poveri del paese.
E Dio me l'ha trovato: oggi abbiamo ricevuto quattro sacchi di pane, poi frutta e verdura e mai miracolo del vangelo, quel moltiplicare pani e pesci. mi è stato più reale come oggi.
Mi domandavo come è possibile che in un mondo di crisi tutto questo cibo arrivi a noi per i poveri?
Davo a piene mani, pur sapendo che è solo poco confronto a quello che serve in una casa ogni giorno, eppure così abbondante.
L'abbondanza mi piace, mi fa sentire che nessuno debba preoccuparsi per tanto tempo.
Invece, qualcuno nell'ombra, come il fratello maggiore del figliol prodigo, come Giuda, osservava.
E si chiedeva come mai non inciampavo.
Perchè non va male? quando cadrà, così che gli si possa dire allora Dio non è con lei?
Lo fai per metterti in mostra, per adombrare chi fa le cose con più discrezione, mi si diceva.
Offendi chi è più anziano.
E mi è venuta voglia di abbandonare tutto.
Di lasciare a questi bui e sinistri individui il compito di occuparsi dei poveri.
Ma quel groppo che mi prende quando il frigo si vuota mi ha fatto restare.
ho pianto.
Perchè ci sono persone cattive, ignoranti, sinistre dove dovrebbe esserci gioia, solidarietà, amore.
ho pianto perchè io combatto con la miseria ogni momento e non ho voglia, ne tempo per combattere anche con la stupidità. Vi prego amici, stasera datemi coraggio.

mercoledì 22 ottobre 2014

IL TAPPETO VOLANTE

Una delle critiche che mi han fatto più spesso è che sono una sognatrice.
Da quanto aspra è questa critica potete capire a cosa ha rinunciato la persona che la fa.
C'è quello che aveva dei sogni, ma li ha scartati a priori, gettando sotto il tappeto quello che definisce 'inutile fantasia', convinto che quel mucchietto di fandonie non l'avrebbe mai disturbato decenni dopo.
C'è poi quello che per un pò ci ha creduto ma, come tutti, è rimasto spiazzato da chi gli diceva di essere un sognatore, accompagnando quella parola, che viene spesso usata come dispregiativa, con un tono accondiscendente, di chi la sa lunga o comunque più lunga dell'ascoltatore.
Poi ci sono i miei preferiti: quelli che ci hanno provato, ma non ce l'hanno fatta al primo tentativo.
Li preferisco perchè cercano di disprezzarti, ma lo fanno senza convinzione, con l'aria di non saper  bene neanche loro cosa vogliono dire.
Ma tutti, indistintamente, hanno fatto lo stesso errore, che tu non hai fatto, ma sei sempre sul punto di commettere: nascondere i tuoi sogni sotto il tappeto.
Il tappeto della vita ha la pessima abitudine, però, di viaggiare.
Sulle ali della passione e dell'immaginazione, si alza e se ne va e tu resti lì, a guardare il tuo mucchietto di cenere e a chiederti che ne è stato della tua vita.
Molti di noi non hanno mai sognato grandi cose, non che si siano accontentati, no; la loro gioia era nelle piccole cose di tutti i giorni, nel costruire una vita serena e semplice.
Cavalcano l'onda del quotidiano con contentezza e sanno prendere la vita per quello che è.
C'è una commessa, al supermercato dove vado, che io adoro e ogni volta che la vedo penso che la vita sia bella sempre.
Una bella ragazza, sempre ben truccata e pettinata, con un sorriso felice, pieno di gioia.
Lei racconta di cosa ha fatto la sera, degli amici che ha visto, si ricorda di te e chiede a tutti qualcosa, come va, come stanno i bambini e a me come sta il mio cagnolino.
Lei non sogna viaggi esotici se non come piacevole diversivo alla sua vita che le piace così com'è.
Lei, per me, è una donna di successo,  una che ha trovato la chiave della vita.
Ci sono invece persone che sognavano di fare gli artisti, o vivere in un Paese esotico, interessante; sognavano di conoscere mondi, di fare cose.
Ma qualcuno gli ha detto che i conti vanno pagati, dimenticando di aggiungere che i conti si pagano anche mentre si continua a sognare.
Trovarsi un lavoro non è buttare i propri sogni, ma alimentarli.
Molti invece trovano un lavoro che non amano e pensano che sia una resa: è quando i sogni si allontanano che bisogna lavorare di più, invece.
Quello che tutti questi gnè gnè non hanno capito è che i sogni hanno bisogno di coraggio, passione e soprattutto lavoro.
Coraggio per le notti buie in cui sembra che niente accadrà.
Passione per quando deciderai di smettere di crederci.
E lavoro per tutte le volte che un'occasione si presenterà e dovremo farla diventare il nostro sogno.
Mai arrendersi, perchè credetemi, il sogno realizzato è niente a confronto della gioia e della vita che da rincorrerlo.

martedì 21 ottobre 2014

L'AUTUNNO DELLA VITA

Mi capita spesso di sentire i miei amici, e amiche, lamentarsi del tempo che passa.
Avevo quarant'anni e già si lamentavano, dicendo che non c'era più la voglia di divertirsi e fare scorribande, che si cominciava ad apprezzare le cene a casa etc.
Io non ci vedevo niente di male.
Adesso che gli anni sono cinquanta, quelle persone si lamentano degli acciacchi, del sovrappeso, delle rughe e sento raramente parlare delle cose belle che la metà della vita conserva.
Dico metà perchè sono ottimista, anche se l'idea di compiere cent'anni non mi sorride molto, ma diciamo che sono in autunno, con le foglie di colori meravigliosi, ma secche, e l'aria già freddina.
Come dico sempre, l'alternativa all'invecchiare è una e nessuno la preferisce alla vecchiaia: allora perchè lamentarsi continuamente?
Io non amo le rughe, le mani che invecchiano, quando prima erano bellissime, ma godo quello che la mia anima mi regala: quando ero giovane, volevo esplorare, volevo vivere le passioni e niente mi sembrava abbastanza eccitante da smettere la mia ricerca.
Ho viaggiato, ho amato e ho fatto errori.
Sono tornata a casa decine di volte, pronta a ripartire.
Adesso, sto bene a casa mia, i sogni li ho vissuti tutti fino in fondo e mi piace il mio corpo che cambia, significa che è ancora qui.
Ieri ho visto passare il figlio del mio panettiere: ha un motorino con davanti un grande cesto con il pane da consegnare: prima di lui, in bici quando ero bambina, c'era suo padre che faceva lo stesso.
Ci sono negozi che c'erano anche quando ero bambina.
E improvvisamente, ho avuto un pensiero che ha reso tutto il mio passato degno di essere vissuto.
Ognuno di noi vive la vita che vuole: guardavo quel ragazzo fare il lavoro del padre, senza mai essersi mosso da Verola, e mi dicevo che io non avrei potuto farlo.
Io sono povera, rincorrendo i miei sogni ho perso tutto, ma non avrei potuto vivere la vita del mio panettiere, che invece è felice perchè probabilmente ama il suo paese e la sua vita così com'è.
Mentre arrendersi, sognare senza vincere mai la paura di restare povera come sono rimasta io, quello è davvero sprecare la vita.
Un moto di gratitudine per Dio, che mi ha dato il coraggio per scegliere la strada difficile, che mi da il coraggio di vivere i frantumi dei miei sogni e, in tutto, è sempre stato con me e mi regalato la fede, mi ha riempito il cuore.
Dio è anche nelle scelte sbagliate, anche quando non lo ascolto: so che spesso mi ha ostacolato, per impedirmi di prendere strade senza ritorno, quindi credo che se mi ha lasciato percorrere strade che mi hanno condotto alla povertà, avevo bisogno di quello.
Ma non mi ha mai abbandonato.
E l'altra mattina, vedendo passare il panettiere, mi sono detta che sono felice, che non è vero che vivere il fallimento dei propri sogni è la cosa peggiore che si possa avere.
Non viverli è la cosa peggiore.
Essere frustrati, sognare non apprezzando la vita di ogni giorno è la cosa peggiore.
Credere che una vita migliore sarebbe stata possibile, ma la paura ci ha fermato.
Ecco perchè le rughe e il mal di schiena non mi fanno paura.
Ecco perchè ho vissuto fino in fondo la fregola degli anni giovani e ho pagato caro.
Ecco perchè mi piace andare al parco a fotografare la nebbiolina d'autunno, consapevole che adesso questa è per me una gioia.
Coccolare il mio cagnolino, mangiare a casa, poltrire e chiamare un'amica per dirle quanto male fanno le ginocchia.
Penso agli amici che non ci sono più, che un incidente o una malattia han portato via.
E a loro dedico quello che mi resta, in questi anni non più pieni di sole, ma ancora pieni di colori caldi e commoventi.

venerdì 17 ottobre 2014

MA CHE M'IMPORTA A ME SE NON SON BELLA...

Una canzone veneta folk di tanti anni fa cantava proprio così: ma che m'importa a me se non son bella, che ho l'amante mio che fa il pittore e mi dipingerà come una stella.
Se abbiamo vicino qualcuno che ci fa sentire belle, noi siamo felici.
soprattutto, ci sentiamo e siamo più belle.
Quando sono felice, io mi sento bella e non importa che non assomigli a Sofia Loren, o Monica Bellucci, io mi sento come loro, una incantevole creatura.
In giorni così, sono anche più seducente, più cordiale con gli uomini e più sicura di me.
Ci sono giorni, invece, in cui mi metterei un velo, vorrei che nessuno mi incontrasse, vorrei essere bella.
Al di là dell'aspetto esteriore, che serve se con la bellezza ci lavori, non serve essere perfette, per essere desiderabili.
Ma ci sono alcune cose che aiutano: ci sono donne che io trovo piuttosto scialbe, ma i lineamenti delicati e la voce calma e dolce ne fanno delle creature molto gradite agli uomini.
Gli occhi chiari sono molto amati, ricordo che un periodo tenni le lenti a contatto azzurre e ebbi molto più successo con gli uomini che quando non le avevo.
Le donne belle si vedono perdonate molte cose, tra cui la follia e dico sul serio: ho conosciuto una donna davvero disturbata, ma piena di pretendenti al ruolo di salvatore di anime in pena.
Ricordo con dolore che un anno ebbi un brutto periodo, avevo davvero bisogno di un sostegno morale ed ero depressa.
Mi sentii dire che ero esagerata, che ero pesante e dovevo darmi una mossa, altrimenti sarei rimasta sola.
Qualche tempo dopo, a un'amica piuttosto bella capitò qualcosa che la gettò non solo nella depressione, ma in un'isterica sequela di 'muoio' e 'mi uccido' e le stesse persone, badate bene uomini e donne, si prodigarono, facendo addirittura turni per farle compagnia, finche' ne uscì.
Certo queste bellezze sfioriscono e, raggiunti i cinquanta, ne conosco molte che ormai hanno poche frecce al lro arco.
Eppure ne soffro ancora; mi dico che se fossi stata più bella, molte cose le avrei vissute diversamente, avrei avuto più amici.
ho dovuto invece lavorare sul carattere, cercare di smussare angoli e modulare la voce.
Ma non ci riesco.
Parlo come una mitraglia, a volte, e comunque sempre tantissimo e credo che questo, insieme al nasone, facciano di me una preda poco appettibile.
Certo, sono triste per il no di un uomo che amo, ma mi chiedo e chiederò ancora per molto se avrebbe detto sì a un faccino più femminile e una voce più dolce.
Credo di sì.
Ma non c'è niente che io possa fare, perchè non si cambia.
Posso modulare, posso stare attenta, ma se mi rilasso, io parlo come uno scaricatore di porto effemminato.
E parlo troppo.
Credo di essere destinata a guardare i miei amori da lontano, uomini che, negli anni, mi hanno detto di trovarmi unica, ma non adatta a essere la loro dama.
Ammirazione ne ho avuta tanta, ma amore no.
E, forte del fatto che questo blog non ha un grande seguito, mi permetto stasera di piangermi addosso.
Perchè ogni tanto fa bene, perchè ogni tanto serve coccolarsi e fare la vittima incompresa.
Sono bruttina e ne soffro.
Sono innamorata e stasera piango perchè se fossi stata bella gli sarei piaciuta.
E non m'importa che le belle soffrono anche loro per amore, che la bellezza non è tutto e altre amenità. Per chi mi leggerà voglio solo che sappia che l'amore, a volte, fa un male cane.

giovedì 16 ottobre 2014

DIO E' GIUDICE, PADRE O COSA?

Ieri ho conosciuto un adorabile signore, di cui non so neppure il nome, che si occupa di carità a Chiari. E' un signore normale, in pensione, silenzioso e discreto, che se ne stava in coda davanti a un magazzino che distribuisce viveri per i poveri, gratis. Lui veniva da una uguale coda a Crema, dove aveva caricato decine e decine di chili di uva per la mensa dei poveri, è rimasto con me due ore in piedi ad aspettare il suo turno e poi, caricato il furgone di mele e pere, correva a Chiari, dove lo aspettava un altro servizio.
Così tutti i giorni.
E sorrideva, era davvero sereno.
Molto più di tante persone che ho incontrato e che fanno una vita decisamente più tranquilla.
Come mai è così difficile aiutare gli altri?
Stamattina, felice perchè un amico mi ha regalato del denaro, me ne sono andata a zonzo al mercato, comprando niente, ma contenta che, volendo, qualcosa avrei potuto, dopo mesi di nulla.
Si avvicina un ragazzo e mi chiede la carità; io guardo e ho 50 centesimi, oppure banconote da venti.
Decido di non dargli più dei 50 centesimi.
Lui mi dice "Ma io ho fame"
Anche io ricevo cibo nella carità e mi sembrava di fare un torto a chi mi regalava quel denaro, darne venti a lui.
Gli ho ripetuto no.
Ma mi sono sentita da schifo.
Perchè io li avevo, in quel momento, e nessuno poteva dirmi che la mia vita non sarebbe finita prima di terminare i soldi che avevo.
Ma non glieli ho dati.
E una vocina dentro mi ripeteva
"Federica, non è che devi fare cose che non vuoi, o sforzarti. Devi solo capire a che punto sei. Oggi, la tua anima ha imparato che a volte dai con gioia, altre ti spaventi e trattieni quello che hai, temendo che Dio non provvederà a te, come nei giorni precedenti"
Sono sicura che era Dio a suggerirmi quei pensieri.
E' vero, quando il frigo è vuoto e nessuno mi aiuta, io vado nel panico.
Ma Dio mi ha aiutato spesso, anzi sempre.
Allora, cosa mi ha trattenuto?
Dio non vuole che facciamo le cose per Lui.
La nostra abitudine a dare a tutto un prezzo e un valore ci ha fatto costruire un dio giudice, che ricompensa o perdona tanto quanto noi siamo pentiti o bravi.
Poi è arrivato Gesù e ci ha detto che Dio è padre.
E noi siamo rimasti spiazzati.
Come potevamo far confluire un giudice con un padre?
E via al padre padrone, quello che devi obbedire altrimenti sono guai.
Dio non ha bisogno delle nostre buone azioni, se non le facciamo, trova qualcun altro: siamo noi ad avere bisogno delle nostre buone azioni.
Ecco come Dio diventa padre: dicendoci cosa ci fa bene e cosa ci farà perdere tempo.
Un padre che dice al bambino "Guarda prima di attraversare la strada" non lo fa per il piacere di vedere il bambino terrorizzato ma per insegnargli a interagire con le auto che passano.
Vuole che suo figlio non sia investito.
Chiedete a un genitore se non darebbe la vita per suo figlio, quindi non è per non vedere morire il figlio che gli spezzerebbe il cuore.
No, lo fa perchè vuole che suo figlio viva.
Ma noi no, noi vogliamo che ci sia un motivo, per essere buoni.
Noi vogliamo che questo ci renda felici, che ci dia qualcosa in cambio.
E se siamo stati buoni, ogni tanto, ci vergogniamo del nostro ego.
Ma Dio, che lo sa, ci dice ogni giorno "Fai così e sarai felice" perchè quel piccolo ego che ci tiene in piedi ce l'ha messo Lui.
Quindi l'ego non è da mortificare, ma da usare per capire Dio un pò di più.
Chi fa la carità e si spende per gli altri, capisce Dio un pò di più, così si sente più amato.
Ed è felice.
Facciamo anche poco, se in quel momento è quello che ci rende felici, facciamo anche pochissimo, solo quello che ci fa sentire bravi. Buoni.

Dobbiamo usare ciò che Dio ci ha dato per raggiungerlo, perchè se l'autocompiacimento e l'egoismo non fossero utili, Dio ce ne libererebbe alla prima preghiera.
Invece, usiamoli per capirlo di più, per elevarci di più, il come lasciamolo a Lui.
Io, intanto, ho fatto due ore fuori da un magazzino e mi sono sentita buona e poi ho rifiutato venti euro a un povero e mi sono sentita da schifo.
E Dio c'era in tutti e due i casi.