martedì 29 luglio 2014

FIN DOVE ARRIVA LO SGUARDO

Giorni fa, si parlava di salari e sfruttamento, schiavitù e diritti.
La cosa parrebbe noirmale, se non fosse che se ne parlava con una persona che vanta forti richiami religiosi, vantandosi di seguire e obbedire alla più alta legge di Dio, che è notoriamente più giusta e piena d'amore di quanto non lo sia mai quella umana. Noi umani facciamo leggi che ci servono: per stare tranquilli, per stare sicuri, per guadagnare di più.
Ecco.
Questa persona diceva che se non ci fossero le inique leggi dell'apprendistato e dello sfruttamento del lavoratore stagionale, pochi potrebbero lavorare.
Ma, dicevo io, se si fatica e ci si arrabbatta per stare a galla, non si fa il gioco di un governo che ci carica, tanto sfruttando, sfruttando si tiene aperta l'attività, invece di far toccare il fondo a tutti e capire che non si può vivere dando il 70% di tasse allo stato?.
No, pare che io sia sciocca, disoccupata e quindi ignorante dei meccanismi del mondo del lavoro.
Intendiamoci, non parlo delle numerose leggi che tutelano chi lavora e il nostro stato ha; parlo di 5 euro all'ora legalmente pagati ai lavoratori stagionali.
E a tutti quegli apprendisti pagati una miseria e sfruttati all'osso con orari impossibili, perchè se ti lamenti sei un lavativo, e quei lavoratori in nero perchè il datore, altrimenti, non potrebbe continuare l'attività.
Ma non è nemmeno quello che mi indigna.
Non è più nemmeno sentire quei vergognosi ex amici che, in tempi andati, mi propinavano la frasetta che loro, per necessità, sarebbero andati a pulire cessi.
Beh, dicevo, io l'ho fatto.
E voi?
Ve lo racconto: una sfrutta un ex marito con scenate e minacce, un'altra un marito ricco, un altro una moglie ricca.
Nessuno di loro pulisce cessi, si ingegnano altrimenti.
Ognuno si organizza come vuole.
Ma ciò che mi indigna, che ieri mi ha fatto discutere con Nostro Signore che, devo confessare, ha una pazienza con me che solo quella dovrebbe darmi una fede granitica, è un'altra considerazione.
"Signore" gli dicevo " io non trovo lavoro e tu sai che l'ho cercato. Mi hai dato tanti talenti, di cui quello di cui ti sono maggiormente grata è questa empatia, questo rispetto verso l'altro che è stato costruito in anni di tribulazioni e avversità. Ma come mai lasci che queste persone  prosperino?
Lasci che queste persone, tutte dedite a seguirti con vanto e menate, vivere sfruttando chi ha fame e permetti loro di credere che, se non fanno sesso, sono bravi cristiani?"
Sì, quest'ultima è polemica bella e buona, ma i cattolici sono cosi attenti a fare sesso solo con chi si può e con chi si deve, da dimenticare che sfruttare e dare un salario iniquo è un peccato.
Mortale.
Non ho avuto risposta, se non conto il fatto che non mi ha incenerito per l'arditezza.
Mi chiedo, indignata, come puo' una persona pregare Dio e sfruttare la fame del fratello debole e farla franca?
Ma sopratutto, perchè a me non è concesso un lavoro, mentre queste persone, che per anni mi hanno torturato con le loro critiche, lavorano?
Io  ho gli occhi malati, la mia vista su questa Terra si riduce poco a poco e a volte fatico a vedere le persone.
Il loro corpo.
Ma l'anima, quella la vedo bene e so cosa si prova a lavorare per poche lire, arrivare a fine mese e avere il frigo vuoto, giostrare le bollette.
E ci sono quelli che sono sfrattati, vivono in macchina, non mangiano.
Io vedo cosa provano.
Per questo non potrei mai pagarli poco per il mio tornaconto personale.
E' ingiusto.
Se non mi posso permettere un dipendente, significa che non sto lavorando bene come imprenditore, quindi è colpa mia, non del sistema.
Molti imprenditori, pur con le tasse al 70% e con salari equi prosperano.
Vorrei un mondo giusto.
Vorrei vederci chiaro.
Ma la mia anima mi ha annebbiato la visione di questo mondo ingiusto e mi ha aperto le porte del Cielo, dove tutti sono uguali.
E io, quando guardo il mondo, mi indigno.
E mi chiedo: cosa posso fare?
Scrivo.

venerdì 18 luglio 2014

LAGGIU'

Ci sono diverse cecità, viste compromesse, chiamiamole come volete. Alcuni mesi fa lessi su un gruppo facebook di pazienti affetti da glaucoma, un post bellissimo, che parlava di come possiamo, noi pazienti, passare inosservati agli occhi di chi ci vede bene.
Si intitolava LAGGIU' ed è, questa risposta, quello che apre un mondo di difficoltà a chi il LAGGIU' non lo vede, o lo percepisce male.
"Scusi, mi sa dire dove sono i sottaceti?"
"Laggiù"
Ti dicono.
E tu, che ti ritieni comunque fortunato a girare senza cane guida, a poter fare ancora tante cose senza chiedere aiuto, ti volti e vedi qualcosa nella nebbia.
Ti chiedi 'ma cosa è LAGGIU', che tutti ne parlano, sembra che tutto si trovi là, dove il tuo sguardo non arriva.
Allora, prosegue il post, un giorno ti prepari e, quando arriva la famosa risposta, chiedi
"Mi scusi, cme è fatto LAGGIU'?"
E lo sguardo attonito, un pò seccato, di chi pensava di non doversi occupare di te, quello lo vedi.
Ti viene indicato meglio.
"Laggiù, sopra quello scaffale, vede?"
Ecco, appunto, lì sta il problema: vedere.
Se tu non vedi che i tuoi figli non parlano più con te, se non vedi che i tuoi amici se ne vanno, se lavori troppo e trascuri chi ami, nessuno se ne accorge.
Puoi continuare a farlo.
Ma se non vedi uno scaffale, se fatichi a capire cosa è LAGGIU', si spazientiscono, quei dieci secondi che gli rubi per spiegarti dove è LAGGIU', quel minuto che gli porti via perchè tu, le scale, i nomi delle strade, le insegne dei negozi, non le vedi bene e non le vedi subito e cammini piano, sembra incidere in maniera rimarcabile sulla loro qualità della vita.
E tu, che sei contento perchè riesci a leggere ancora, devi spiegare che non li stai prendendo in giro, che davvero per te capire se è lo scaffale dei pelati o dei sottaceti è difficile.
Allora ti guardano, attoniti, increduli e infastiditi, indicandoti LAGGIU', ma alzando leggermente la voce, come se questo spiegasse meglio dove è LAGGIU'.
Tu sorridi, sai che ci senti bene, devi solo capire cosa è LAGGIU'.
E tu, una sera a cena, a casa di amici, mentre loro si lamentano del lavoro che non c'è, dei figli che sono sempre attaccati al computer e non c'è nessuno davvero di cui fidarsi, tu sorridi, annuisci, ogni tanto dici 'eh, già'.
A un certo punto, un amico sbuffa "Ma insomma, tu non hai problemi?"
Tu dici sì, certo.
LAGGIU'.
E, finalmente, vedi lo sguardo che devi avere tu ogni volta che senti quella parola.

mercoledì 9 luglio 2014

MANGIARE CON GLI OCCHI



Mentre aspetto di entrare alla visita, guardo il cartellone che pubblicizza gli occhiali.
Sapete come si fa: si legge tutto venti volte, si guardano le figure trenta volte e, alla fine, quel cartellone è come il cassetto della tua cucina, dove se il mestolo si è infilato tra le forchette e i coltelli, tu lo trovi lo stesso.
Ci sono i prezzi e ci sono sorrisi con sopra gli occhiali.
Io non ho cambiato più gli occhiali da quella volta che, avendo un lavoro ben pagato, me ne sono fatta un paio per colore, perché ero stanca di scordarmi o gli occhiali da sole, o gli occhiali da giorno di pioggia o quelli da sono miope ma carina.
Allora decisi di farmi un paio di occhiali da sono miope ma carina per ogni colore.
Dopo, la vita mi ha impoverito finanziariamente, ma si è accanita sui miei occhi e così oggi quegli occhiali sono tutti da cambiare.
Trovo sempre qualcuno che mi dice
“Ma che cavolo di occhiali fuori moda”
E io sorrido.
“No, sono a goccia, un ever green”
Oppure mi dicono che quella montatura non mi sta bene e quando vedono che non rispondo, pensano che sono presuntuosa.
Certo ne fanno di montature belle, ma diamine le lenti costano…un occhio e io uno ne ho!
Chissà perché costano così, due pezzetti di vetro flesso; come le lenti a contatto, che in passato costavano come una mercedes benz.
In fondo, mi dico, a che mi servono gli occhiali se non ho i soldi per l’assicurazione dell’auto, a piedi dove vado vado, non faccio mica male a nessuno se ci vedo poco.
Sorrido, tra me e me, ma sono triste.
Ho cercato di far capire alle persone con cui collaboro nel mio paese, un gruppo che si occupa di aiutare i più sfortunati, che se noi riuscissimo a dare, tutti, un euro per i più poveri, solo nel nostro paese di 8000 abitanti ci sarebbero 8000 euro di carità da usare.
8000 euro da dare a chi è meno fortunato per farlo vivere meglio.
“Eh..ma poi li usano male, li scialano”
Richiesta la definizione di scialano, rispondono che…..hanno visto dei poveri che facevano colazione al bar.
E che compravano la coca cola al supermercato.
Ma se tu hai dato un euro, quello che paghi per pagare una bolletta a cui hanno già aggiunto l’iva e che paghi a un impiegato che già prende lo stipendio per fare, di mestiere, quello a cui paghi le bollette, a te…cosa te ne frega cosa ci fanno con il tuo euro i poveri?
E’ questione di principio, rispondono.
Va bene.
Cominciamo dal principio.
Povero.
Con l’ansia di pagare le bollette.
E mangiare.
E vedere tante cose che non ti puoi permettere.
Come gli occhiali e il dentista.
Come un telefono che ti tiene connesso a tutti.
Come un caffe’ al bar.
Ti regalano il cibo e tu una cosa l’hai a posto.
Anzi, te ne avanzano, un giorno.
E ti prendi il caffe’.
Vuoi cominciare dal principio?
Prova.
Povero.
Con l’ansia di pagare le bollette.
E mangiare.
Adesso vai alla fine.
E ti prendi un caffe’.
Questa è carità.
Hai dato al povero, meno fortunato, una piccola fortuna.
Non ti senti già meglio, rispetto al principio?
Se tuo figlio sciala la paghetta, tu non gli levi il mangiare, ne la paghetta, ma gli insegni a usare meglio il denaro.
Secondo uno studio americano, non è vero che i ricchi sono ricchi perché sono parsimoniosi e una causa di povertà è la prodigalità, ma anzi è il contrario: i ricchi tendono ad accumulare e i poveri, quando possono, a disperdere.
Il senso del denaro ai figli si insegna dando loro del denaro che loro stessi vedono sparire, rendendosi conto che in 20 euro ci stanno due pizze, non sette.
Al figlio che non ha mai soldi, che chiede continuamente, nasce un disturbo che confonde il valore del denaro: cosa ci fai con venti euro?
Caspita…due pizze.
E le compra anche se non gli servono.
Il povero è privato di ciò che noi, comunemente, valutiamo svago, considerandolo normale e, al massimo, un’indecisione se usufruirne o no.
Provate a pensare a tutte le volte che salite in macchina: scendete e vedete come sarebbe se doveste andare a piedi.
Al supermercato.
A portare i bambini a scuola, poi a karate e a danza.
Uscire la sera con l’amore della vostra vita.
E adesso pensate se l’amore della vostra vita sta a dieci km da voi: cosa gli dite la quarta volta che vi dice di andare voi da lui?
Ce n’è di che aver bisogno di una pausa caffè, non trovate?
La prima volta che ho fatto il campo visivo, il mio medico di famiglia si era dimenticato di scrivere un numerino e io dovevo pagare.
Se non fosse stato per una mia amica, avrei dovuto tornare la settimana dopo, perché non avevo i soldi.
Guardo il gran numero di pazienti seduti ad aspettare e alcuni di loro sono evidentemente poveri, lo vedi dagli abiti e dall’aria dimessa.
Ci lamentiamo per le mancanze negli ospedali, ma dimentichiamo che le persone come me possono curarsi perché tutto quello che si fa è gratis.
Il mio dottore e le sue collaboratrici sono gentili e mi fanno sedere per visitarmi, mi danno l’anestetico e mi visitano.
Non mi fanno stare in piedi perché  è una questione di principio, non è che perché è gratis ti devi mettere comodo.
Non mi lanciano il collirio e mi dicono di mettermelo perché loro non sono mica lì a servire me.
Mi trattano bene.
Mi curano.
Li pagano uguale e la loro vita non cambia.
E allora, se lo fanno loro, perché non possiamo farlo noi, dando gentilmente un po’ del nostro denaro, un po’ del nostro tempo, per curare gli altri, farli sentire che anche loro si meritano il meglio?
“Dottore, non crede che tutti possiamo cambiare il mondo, se siamo gentili?”
“Ma se non ho ancora parlato!” risponde ridendo
Hmmm….perchè si allarma?
Aveva in mente qualcosa?