domenica 26 aprile 2015

LA FELICITA'

Una delle frasi che più odiavo e odio nella vita è 'i soldi non fanno la felicità'.
E' ipocrita, fuorviante e stupida.
La felicità non viene certo dai soldi, ma perchè nessuno dice 'la felicità non viene dal razzismo'?, o 'la felicità non viene dal rimenarla con le religioni diverse, con l'isis' ecc, ecc.?
Ci sono due poli fondamentali, nella vita mediocre: il sesso e i soldi.
Bisogna credere che nessuno dei due rende felici, nessuno dei due si deve avere in abbondanza, se si vuole andare in paradiso, e nessuno dei due deve essere applaudito pubblicamente.
Tutti noi, però, in segreto, vorremmo averne di più.
Di tutti e due.
Perchè?
Perchè siamo stati felici facendo l'amore e siamo stati felici con qualcosa che si compra.
Dunque, la nostra fissazione con i soldi e il sesso è che vogliamo essere felici.
Tutti noi.
Come quegli uomini, ragazzi, bambini che si mettono in barca e vengono da noi.
L'Europa tuona, piange e si dispera, ma fa come con i soldi, non capisce che vogliamo tutti la stessa cosa: la felicità.
Eh, ma possiamo mica darla a tutti.
Come il denaro e il sesso: pochi ce l'hanno quando vogliono, gli altri fanno fatica e alcuni non ne hanno.
Ma invidiamo chi ha successo con l'altro sesso e chi ha successo in generale.
Avete mai notato che la prima cosa che diciamo, spesso, molti di noi, per descrivere qualcuno che ha una di queste cose, diciamo 'è ricco sfo
ndato', o 'è un fico da paura', o il corrispettivo femminile.
Lo diciamo per definire dove si trova, per definire quante chances ha di essere felice.
E, ipocritamente, aggiungiamo che ha anche lui i suoi guai eh?
Se potessimo sentire la stessa empatia che proviamo per un ricco o un bell'esemplare di umano per quei ragazzi che corrono qui a frotte, riusciremmo ad aiutarli.
Troveremmo la soluzione: perchè se è vero che l'Italia non fa la felicità, aiuta loro a costruirsela e ad aspettarla.
Capiremmo perchè corrono dietro a un sogno, perchè l'abbiamo fatto tutti, quando siamo corsi dietro a qualcuno che ci ha fatto innamorare e torturato il cuore, o trascurato le famiglie e la vita per lavorare come dei muli e avere più denaro.
Più felicità.
Anche se ad ogni passo, ti rendi conto che la felicità non è lì.
Allora sì che sentiremmo quel senso di appartenenza, quello che sentiamo quando cantiamo a squarciagola la canzone di Vasco Rossi insieme a centomila fans in uno stadio.
Vogliamo essere felici, venite qui, aspettiamola insieme, 'sta felicità, amici della Nigeria, della Siria, dell'Etiopia.
Non sarete felici qui, come non lo siamo noi, che abbiamo così paura che ci rubate un pezzo di terra, un salario da fame, un sussidio che fa ridere.
Perchè dai, chi ha paura di un dottore africano?
Ci fa paura il misero, quello che arranca, che ci porta via la solidarietà.
Quella, invece, la condivisione solidale, farebbe la felicità.
Davvero.

venerdì 24 aprile 2015

LE GIOIE DELLO SCRITTORE INDIPENDENTE: GIOIA #1 O EDITING

Si trova di tutto, su internet, dice una mia amica.
E io ho provato: un giorno ho digitato 'come aggiustare il filo lento della macchina da cucire' e, non mi crederete, ho trovato un sacco di pagine che lo spiegavano.
Quando ho cominciato a scrivere, ho trovato un sacco di pagine che spiegavano come, quando, dove trovare lettori e, soprattutto, farsi da soli un libro.
Ho fatto tanti errori, anche seguendo passo per passo quei manuali, ma so che molti vogliono pubblicare un libro e siccome non esiste il concetto di concorrenza, tra scrittori, voglio contribuire anche io.
L'errore principale che fa un esordiente è avere fretta, il secondo è non accorgersene.
Dunque: gioia #1: correggere il manoscritto..
La prima stesura non va bene.
Mai.
Nemmeno a Hemingway.
Quando scriviamo, non possiamo fermarci a vedere gli errori di battitura, gli errori grammaticali, che non sono solo scrivere 'ha' senz'acca, ma tutte quelle convenzioni che legano le parole e che diamo, nella mente, per scontate quando usiamo la madrelingua.
Non possiamo nemmeno fermarci per vedere se siamo passati dalla prima alla terza persona, se i dialoghi sono lunghi, se si capisce chi dice cosa, perchè non riusciremmo a scrivere una storia plausibile, se lo facessimo.
Quindi la seconda stesura serve ad aggiustare tutto.
Tutto?
No, non tutto.
Impossibile vedere tutto quando si rilegge, quindi bisogna trovare dei lettori beta.
I lettori beta vanno dal fidanzato, la mamma, la zia e tutti quelli che gentilmente ci danno un parere, a gruppi che potete trovare su Goodreads  https://www.goodreads.com/group/show/124008-beta-readers-italia o anche http://www.danaelibri.it/rifugio/letturaincrociata/ .
In Italia è difficile trovarli, mentre chi scrive in inglese ne trova senza problemi.
Il lettore beta legge, critica, a volte aspramente, e suggerisce cambiamenti, anche sostanziali.
Il lettore beta dovrebbe, dico dovrebbe perchè, come ho detto, in Italia ce ne sono pochi, essere esperto e appassionato del genere a cui apparteniamo noi come scrittori.
Quindi vede incongruenze, rallentamenti, scrittura scadente.
Il nostro talento non è in discussione, ma la lucidità dello scrittore lo è sempre: chi scrive indugia dove vuole e dove la sua mente lo lascia indugiare.
Il lettore beta lo vede e lo sottolinea e il nostro talento provvede.
Se abbiamo pulito bene il manoscritto, ma deve essere davvero pulito, quello che il lettore beta si trova davanti è un manoscritto con lo stile vero dell'autore, quello che voleva dire e in che modo.
Il compito è far vedere allo scrittore dove questo messaggio e quello stile non arrivano o sono distorti.
Quando il manoscritto torna a casa, è come un figlio che è andato all'università: è grande e pronto per il mondo del lavoro.
L'editor.
Se potete permettervelo professionale, meglio.
Altrimenti pensate a questo tempo speso a rivedere, correggere, cambiare ancora, come il tempo migliore che avete dato al vostro libro.
Parlo di mesi, non settimane.
Non illudetevi, chi ha avuto successo non l'ha fatto per un paio di giorni.
Nessuno.
Quindi non abbiate fretta, tanto la fretta porterà solo il vostro libro a non essere apprezzato.
Ecco, vi sembra che il vostro manoscritto sia pronto, bello, pulito, fresco e pronto per essere conosciuto.
Già...ma se noi non lo siamo?
Alla prossima gioia...........


lunedì 13 aprile 2015

BEATITUDINI

A Verolanuova, questa settimana, si ospitano le spoglie di Paola Gambara Costa.
Beata Paola.
Quella delle rose e dei panini.
Come mai, visto che lei si è sposata giovanissima, ancora adolescente, e ha vissuto qui solo pochi anni, facendo tutto quello per cui viene ricordata altrove?
Beata per cosa?
Le Beatitudini del Vangelo sembrano un elenco di categorie e tutti, una volta nella vita, abbiamo cercato di vederci dentro almeno una di quelle.
Il vangelo di Luca riporta anche i guai a voi....
Era certamente uno stile letterario allora in voga, ma a noi ha sempre inquietato, sia i beati che i guai a voi.
Beati?
I poveri?
Gli afflitti?
I perseguitati?
Innanzitutto bisognerebbe spiegare alla gente che beati è una traduzione molto libera: fortunati, benedetti sarebbe la traduzione quasi esatta, anche se il significato è: per fortuna che avete passato i guai, così capite cosa vuol dire la gioia.
Capite cosa vuol dire rispettare gli altri, senza affliggerli con cose che importano solo a noi.
Capite cosa vuol dire perdonare, invece che perseguire gli altri per torti che forse non ci hanno nemmeno rovinato la vita.
La Beata Paola, ricordata più per il marito fedifrago che per la sua anima candida, era fortunata perchè non le importava quello che accadeva a lei, ma quello che accadeva agli altri.
Forte, come solo pochi di noi sanno essere, Paola Gambara accettava un matrimonio imposto, e per quell'epoca unico e fino alla morte, usando quello che Dio le aveva dato, la ricchezza, per aiutare l'umanità.
E di umanità si tratta anche quando soccorre, nella malattia, la concubina del marito, la perdona.
E perdona suo marito, anche lui malato, e lo vede convertirsi, perchè quando ti perdonano non riesci a fingere di non vedere Dio da nessuna parte.
Peccato che si ponga l'accento sul suo essere moglie afflitta.
Peccato non si veda la grandezza e la regalità di una donna che contro tutto e tutti, aiutava i poveri, dandogli da mangiare.
Lei si occupava dell'umanità, senza preferenze.
Non era lì a dire, come spesso facciamo noi "Sono in pensiero per i poveri, ma quella sgualdrina dell'amante di mio marito non l'aiuto"
Oppure:
"Aiuto tutto il paese, ma quel mascalzone di mio marito lo devo vedere piegato in due a soffrire."
E poi facciamo la comunione e aiutiamo i poveri.
Lei, in tutti, ma proprio tutti, vedeva Dio.
Per questo era beata.
Tutti viviamo delle difficoltà, tutti, senza favoritismi, abbiamo avuto il cuore lacerato, la mente angosciata per qualcosa.
Come lei.
Ma non ci sentiamo beati finchè questo è un dettaglio, quando il dolore diventa poco più che una virgola nella sceneggiatura della vita.
Paola Gambara non si lagnava del suo stato, ma ne faceva un trampolino.
Non si crogiolava nel vittimismo, in quello sterile "è volontà di Dio" che non ci soddisfa mai, ma anzi ci mette a rischio di perdere la fede.
Lei lo usava, il suo dolore, per capire gli altri.
Lei la teneva con sè, la sua umiliazione, per innalzare gli altri.
Paola Gambara non era un donnino piegato dai soprusi, lei era superiore a loro.
Lei aiutava il mondo e lo faceva con il cuore.
Per questo nè suo marito e nemmeno la sua amante hanno potuto spezzarlo.
Perchè il suo cuore era per tutti noi.
Oggi, la Beata Paola ci dice di non mollare, di credere che siamo fatti per molto di più che un buon matrimonio, una vita serena, una famiglia o una casa felici.
Siamo fatti per essere grandi.
Grazie Paola.

giovedì 9 aprile 2015

SE I PERSONAGGI SONO IN CERCA D'AUTORE

Chiedo scusa a Pirandello, che amo, per aver abusato del suo titolo, ma mi viene spesso in mente, in questi giorni.
Sto finendo di scrivere il mio nuovo giallo, cercando, insieme ai personaggi, di scoprire chi è stato e perchè.
Insieme a loro, il mio cuore ha accelerato, sofferto, sobbalzato; ho imparato a conoscerli, parlare con loro e dirgli cosa fare.
Come ogni autore sa, i personaggi vengono uno ad uno, si presentano nelle ore più impensate, entrano nella tua vita e rimangono finchè la storia non finisce.
Per questo, gli autori tradizionali, hanno una cosa che gli autori artigianali, come me, invidiano più di ogni altra cosa: un editor.
L'editor è quella persona che lima, corregge, sistema il romanzo fino a farlo diventare leggibile, pronto per il lettore.
Perchè un autore si trova di fronte a una situazione che è solo sua: confusa, caotica e impresentabile.
Provo a spiegarla con una metafora:
Arriva il primo personaggio, verso sera, quando stai per andare a farti la doccia che finisce il tuo giorno.
Sei lì, che ti massaggi la schiena e flap: arriva.
Ci sono le presentazioni, certo, i capelli così, gli occhi così, il nome di battesimo.
Il mio è stato : Francesco.
Allora tu, autore, ci pensi per buona parte della notte: chi sarà mai Francesco e perchè sembra così triste?
Verso il mattino arriva il cognome: Francesco Parise.
E' sparito.
Un giorno ha lasciato moglie e figli e se n'è andato senza una spiegazione.
Così, cerchi la famiglia, indaghi, cerchi di scoprire cosa può essere successo.
Ma, come in ogni giallo, i cattivi sono reticenti, sembrano i buoni e i buoni sembrano cattivi perchè nessuno si fida di nessuno, nei gialli.
Cominci a scrivere, scrivere, scrivere.
E quello che viene fuori è una nebulosa immensa, che capisci solo tu, con virgole al posto sbagliato, troppi punti esclamativi e troppi personaggi.
Decidi di lasciarne qualcuno, lo cancelli, ne metti un altro; alcuni personaggi
ti supplicano di dargli almeno una comparsata e tu ce lo fai stare.
E alla fine, quando ti hanno detto il colpevole e il movente, ti salutano tutti, tornandosene da dove sono venuti.
E tu, in quella stanza vuota, illuminata solo dal computer acceso, devi limare, correggere, rendere leggibile quell'incontro durato pochi mesi.
Ma loro se ne sono andati, a malapena ti ricordi le loro voci, i loro sguardi e in quel silenzio innaturale, devi ripetere i loro discorsi, le loro tristezze, i loro sogni.
E lo fai.
Limi, correggi, interroghi qualcuno che non ti risponderà più.
E porti nel cuore personaggi che presto consegnerai ai tuoi lettori, che li leggeranno e, speri, li ameranno, vivranno con loro il tempo di un libro.
Francesco Parise presto vi verrà presentato, insieme alla sua famiglia e alla sua grande casa a Verolanuova.
Tempo fa, vi ho presentato il cancelletto chiuso di Villa dei Girasoli.
Oggi, vi faccio entrare e vi presento il capostipite: Francesco Parise.

giovedì 2 aprile 2015

PASQUA: E NOI COSA C'ENTRIAMO CON LE LAVANDE PIEDI, BACI AI CROCIFISSI E RESURREZIONI?

Primavera è, di solito, Pasqua, per tutti.
Ci regaliamo le uova di cioccolato, maledicendo i chili che faremo così vicino alla prova prendisole, e ci organizziamo per fare una gita.
I cattolici dovrebbero frequentare la chiesa di più, perchè al contrario di quello che si pensa è più importante del Natale, per loro, la Pasqua.
Cominciano oggi, con la Cena del Signore.
Si ricorda la Lavanda dei piedi.
E noi?
Cosa c'entriamo noi con una cena triste, un martirio e una resurrezione dopo tre giorni?
A noi che, se ci ammazzano, non ci siamo più e basta?
Allora lasciamo stare i simbolismi, i memoriali, le celebrazioni: parliamo di cosa succede a noi.
A cena.
Siamo lì, con i nostri parenti, se ne abbiamo, oppure da soli.
Se ci va di lusso, siamo con qualcuno che amiamo.
Il giovedì, Gesù dice ai discepoli che se ne va.
Nessun compromesso, va via e li lascia sulla Terra.
E loro lo interrogano: ma come, finisce così?
Ecco: noi spesso ci chiediamo se è tutto qui, vivere.
Ci arrabbattiamo, alcuni di noi diventano pure vergognosamente ricchi.
Ma felici?
Hmmm....pochi e per poche ore.
O settimane.
E siamo lì: con i nostri sogni, realizzati e non, a chiederci: e adesso?
Dov'è quel caldo al cuore quando vedevo il mio amore, quando è nato mio figlio, quando ho fatto carriera, quando ho detto 'sono arrivato'?
La serenità, la pace, in una parola: felicità.
Dov'è Gesù?
Te ne vai, ci lasci qui a chiedercelo?
C'è di che perdere la fede.
Invece no: lui dice non dove va, ma perchè.
Perchè vi serve per capire che tutto ha un senso.
Credeteci: quando soffrite, quando vi sembra che niente serva, che è tutto un bluff, ecco...Gesù dice che invece un senso c'è, che lo troverete.
Ci incoraggia a non mollare.
Non lo capirete adesso, ci rassicura, ma questo non vuol dire che non lo troverete, dovete solo credermi.
E poi c'è il venerdì, tutta quella tristezza, quel dolore.
Si bacia il crocifisso: perchè?
Dovreste voi guardare me, che sto un male cane perchè sono malato, o povero, o solo, o tutto quanto.
E anche lì, Gesù dice qualcosa.
Il silenzio.
Che ti credi che non lo conosco, il silenzio di Dio, dice.
E te cosa fai? gli chiediamo.
Mi abbandono a Lui-
In un mondo che dice di lottare, lui si abbandona.
Eppure non è una resa, staccarsi da tutto è l'ultimo atto della vittoria.
Lasciamo quello che ci manca, lasciamo quello per cui la nostra vita sarebbe diventata grande.
Lasciamo le nostre convinzioni, perchè ne avremo di nuove e migliori.
E poi si risorge.
C'è Pasqua.
Ce l'abbiamo fatta.
Il sole torna, magari alla grande: siamo guariti, siamo innamorati, siamo di nuovo ricchi.
Qualcuno di noi non ce l'ha fatta.
Qualcuno ha visto morire chi amava, nonostante le preghiere, la fede, il distacco.
E allora, Gesù, perchè?
Siamo qui per pochi anni, non c'è un perchè al dolore, se non che siamo qui a imparare una lezione, ad aiutare chi arranca, ad essere aiutati.
Ci si spezza il cuore, si reclina il capo, tristi che in questa vita, a noi, di resurrezione non se ne vede.
Eppure, qualcosa c'è ancora in cui credere: la vedi quella lucina?
Guardala bene, perchè c'è.
Nella vita di ognuno c'è sempre una lucina accesa, fosse anche il suo respiro.
Fosse anche un'alba, un saluto lontano.
Fosse anche, di nuovo, una primavera.
Cerca la tua lucina e sorridi.
Perchè sperare non ha mai ucciso nessuno, arrendersi sì.