venerdì 31 ottobre 2014

LA RABBIA

Dicono che la solitudine è il campo da gioco del diavolo.
Lo dice un teologo, non bau bau e micio micio.
Io la solitudine la conosco bene, anche quella cattiva, la solitudine fisica, fatta di giorni vuoti di parole e sguardi.
Ma anche quella dell'incomprensione, fatta di relazioni che non sono come ti aspetti e di uomini che non ti vedono come si aspettavano.
E' facile scivolare nel vittimismo, incolpare il fato o le persone.
In realtà i miei problemi con gli altri sono i miei amici migliori, sono i miei problemi che mi parlano di me, che mi dicono dove sanguino.
Come sintomi di una malattia, i miei problemi mi indicano dove curare la mia anima.
Sia chiaro che non dico che non è mai colpa degli altri: l'altro, che ricordo siamo anche noi per qualcuno, è spesso indifferente, o peggio cattivo, o peggio insensibile, ma noi dobbiamo trovare la forza di superare le mancanze altrui.
Un racconto zen dice "Prendi un sasso, poi guardalo e insultalo, digli le cose più umilianti. Poi guarda la sua reazione. Adesso liscialo con complimenti e parole gentili. E guarda la sua reazione. Quando diventerai così sarai sereno"
Quello che ne facciamo delle parole altrui è affar nostro.
Purtroppo abbiamo un carattere, una personalità che ci fanno reagire agli altri con meccanismi che sono stati utili, ma ormai obsoleti.
Nessuno di noi girerebbe con un citymen, il primo cellulare grosso, pesante e senza internet.
Allora perchè girare con qualcosa che ci ha difeso e fatto vivere quando avevamo quattro anni, quando ne abbiamo trenta, quaranta, cinquanta?
Ma è quello che facciamo, schiacciati dal peso di un'azione contingente.
Io provo rabbia: non la vinco, mi lascio sopraffare, mi accartoccia e mi distrugge.
Esco da questa lotta stremata, con la gastrite e il fegato a pezzi.
Ma sono felice di uscirne.
Grazie a Dio.
Devo proprio dirlo: io non ce la farei mai da sola.
Dio mi ha messo, ci ha messo, nel cuore una scintilla che però devo cercare di far diventare un fuoco.
Allora mi scaldo, allora ricordo che sono qui per imparare.
E tornare a casa.
Ieri ero pronta alla battaglia.
Guardavo tutte quelle persone che non mi conoscono bene.
Li guardavo e li vedevo dire cose assurde, ma assurde perchè loro hanno una storia diversa dalla mia.
E dicevo a Dio: ma perchè insisti a mescolarmi a loro?
Perchè io devo dire a loro cosa provo e devo vedere cosa provano loro.
Che senso avrebbe circondarsi di persone daccordo con me, che mi danno ragione sempre, che nutrono il mio ego senza mai metterlo in discussione?
La bambina invisibile, cresciuta con i suoi personali parametri e per questo troppo vulnerabile alle critiche, perchè se sei senza certezze, ti scuote qualunque dissenso, è ancora lì, rabbiosa per non essere compresa, furente per essere lasciata sola con i suoi pensieri.
Anche se molte persone mi hanno aiutato.
C'è sempre il risentimento per quei pochi che dovevano, come i parenti, e non l'hanno fatto.
Per quelle persone che hanno deciso che ero antipatica e mi hanno emarginato.
Oggi sono una donna più forte, che può scegliere con chi uscire e vedersi perchè non 'soffre' più la solitudine, quando arriva.
Che non ha un uomo tanto per averlo, ma sta con chi le fa battere il cuore.
Che piange quando questo non succede, ma si asciuga le lacrime e ricomincia la ricerca.
Vi invito a cercare una canzone, parte del musical "Don Quixiote", che si chiama "The invisible dream"
qui trovate il testo in italiano http://lyricstranslate.com/it/impossible-dream-il-sogno-impossibile.html
Io vivo così e sono sicura che, come dice la canzone, il mondo sarà un posto migliore solo perchè qualcuno ha creduto in qualcosa di impossibile.
Vincerò la mia rabbia, diventerò una donna migliore e il mondo sarà un posto migliore.

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