venerdì 27 febbraio 2015

IL NEMICO E' ALLE PORTE?

Dopo mesi di Teleboario e Televeneto, da circa un mese la mia antenna ha deciso di girarsi verso Skytg24.
Per chi non lo sapesse, la mia antenna è rotta da un anno e a seconda del tempo, si gira e prende quello che c'è: insomma l'aria che tira, è il caso di dirlo.
Da un lato mi piace sapere cosa succede, dall'altro a volte rimpiango la spensierata risata della Sonia, televenditrice di Videobrescia, e il non sapere che l'Isis commette atrocità.
Addirittura non sapevo cosa fosse successo a Charlie.
Adesso so cosa fa l'Isis e anche cosa dicono i legali di Bossetti, cosa dice Cosima e come è rovinata la vita del biondino di Garlasco.
Siamo tutti spaventati dall'Isis.
Ma è lui il nostro nemico?
Ieri era il triste anniversario del ritrovamento del corpo di Yara.
Ma si parlava anche del processo che comincia oggi ad Avetrana e di come Alberto Stasi sia amareggiato dai 16 anni di condanna.
Tre donne, di età diverse, che sono state uccise senza pietà, poco importa adesso da chi.
Uccise perchè qualcuno voleva che stessero zitte su qualcosa di orrendo, di cui probabilmente sono state testimoni.
Garlasco pare sia una brutta faccenda di pedofilia; Avetrana forse ha visto, chissà, cose dallo zio che non doveva vedere e Yara avrebbe detto chi l'aveva aggredita.
L'uomo che l'ha violentata, bambina, e poi l'ha lasciata lì.
Di cosa abbiamo paura, dell'Isis?
Abbiamo gettato nel fosso quello che ci rendeva umani: la diversità, la vulnerabilità, la debolezza, per crearci un golem che ci sta distruggendo tutti.
Il golem era un mostro leggendario che, dice la storia, fu creato dall'idea di alcuni rabbini di fare l'uomo perfetto.
Ne nacque un mostro perchè, prendendo le cose belle dell'uomo e mettendole insieme, venne un uomo invincibile, ma mostruoso, senza debolezze e caratteristiche umane.
Questo siamo diventati noi.
Pedofili figli di gente che li picchiava, contadini e figlie di contadini che si mettono in mostra davanti alle telecamere perchè quello importa, cosa dicono di noi.
Fidanzati condannati per aver chiamato il 118 per dire, senza nessuna emozione, che la fidanzata è lì. in un lago di sangue, per terra in casa e lui non sa come mai.
Forse davvero Stasi non era emozionato, forse era sotto shock.
Ma i nostri giornalisti sono svegli, quando invadono le vite di tutti con i dettagli macabri, con le congetture, con le deduzioni.
Il nemico siamo noi.
Siamo noi con il nostro bisogno di masacrare la vita degli altri, il bisogno di fare a pezzi il mostro che ci ricorda che potremmo esserlo anche noi, se ci fanno arrabbiare.
L'Isis ci ricorda che siamo vulnerabili, ma ce lo ricorda nel peggiore dei modi: tagliandoci la gola.
Così noi, invece di scoprire che amarci è meglio che diffidare siamo pronti a uccidere, a combattere.
A vincere.
A vincere quel mostro che abbiamo creato dentro di noi, che se ci fa sentire inadeguati ci uccide.
Se ci fa sentire perfetti è solo per un attimo.
Se siamo belli, ricchi, vincenti, non lo siamo per sempre, ma la nostra vulnerabilità non ci permette di accettarlo.
Allora via con i ritocchi, con le lotte per il potere, con le nefandezze fatte per denaro.
Abbiamo la mafia che ci seppellisce con i suoi rifiuti.
Abbiamo la camorra che ci uccide con le mani sull'economia.
Saviano disse un giorno che la camorra non è più l'omino con il fucile, che spara e sistema le cose.
Oggi la criminalità è ai posti di comando e la storia di mafia capitale ce lo ha dimostrato.
E noi di chi abbiamo paura?
Dell'Isis.

giovedì 26 febbraio 2015

IN PAUSA

Ma dove sei stata?
Ma non scrivi più?
Anche io ho i miei affezionati, mi sono detta.
Pausa.
Perchè quando si parla di noi stessi, si condivide quello che succede, bisogna avere l'integrità di mettersi in pausa quando quella voglia di condivisione non c'è, oppure quando non accade nulla.
In quale contrattempo sia caduta io resterà un mistero, ma oggi ricomincio a scrivere.
Ieri mi è capitato tra le mani un libretto, carino e serio, su come diventare una fashion blogger di successo.
Venivano presentate le dieci bloggers più in nel nostro Paese e veniva loro chiesto come avevano fatto a diventare delle top.
Ho visto così che l'umiltà, l'assenza di finta spavalderia o arroganza difensiva facevano di queste donne, letteralmente catapultate nel successo, delle vincenti.
Donne che non avevano fatto un blog per avere successo, ma perchè facevano qualcosa che le appassiona.
Addirittura hanno ammesso, tutte, di avere avuto molta fortuna.
Noi umani chiamiamo fortuna quel risultato che sfugge alla nostra logica.
Possiamo fare le cose svogliatamente, ma alcuni fattori le fanno riuscire: anche quella è fortuna.
Possiamo fare tutto precisamente come va fatto, metterci la passione e la serietà e le cose non volano, così noi cambiamo mestiere.
E strada.
Anche quella è fortuna.
Ma loro, queste giovani donne, dicono proprio che gli si è aperto un mondo senza sapere perchè.
Capita.
Fai fatica anni, decenni e poi succede tutto subito.
E' una costante delle persone, soprattutto in ambienti creativi, che fa dei tenaci delle persone di successo.
Allineare i pianeti, come si usa dire, non è nostro compito: nostro dovere è fare tutto costantemente, aspettando l'allineamento delle circostanze.
Sperare quando non ne abbiamo più voglia è grandezza.
Noi tenaci, ma sconosciuti, siamo ridicoli.
Spesso.
La gente, che ha smesso di sperare, che ha smesso di sognare, ci deride perchè deride la loro storia.
Il mondo ci emargina perchè ha emarginato i suoi desideri, convinto che se si suda si è perdenti e non ne vale la pena.
Invece noi, che qualche giorno piangiamo, andiamo avanti.
Poi, un giorno, ci sarà il sole, tornerà il caldo, torneranno le rondini e bisognerà dar da bere ai vasi del terrazzo.
E noi non avremo ancora sfondato quel muro che ci divide dai nostri sogni.
Ci saranno persone che potevano aiutarci e non l'hanno fatto e ci diranno che siamo ingrati, se solo osiamo notarlo.
Ci saranno persone che avrebbero potuto darci quella spinta che ci avrebbe dato la vittoria.
Ma non lo faranno.
E noi continueremo a correre, cadere, prendere la rincorsa e riprovarci.
Non importa dove finiremo, perchè da dove lasceremo noi, comincerà qualcun'altro.
E noi, dal cielo, gli sorrideremo, come forse qualcuno sta facendo a noi e ai nostri sforzi.

domenica 8 febbraio 2015

EMOZIONI: BUONE O CATTIVE MAESTRE?

Sono una persona fortunata: non mi interessa cambiare idea, contraddirmi o sbagliare.
Se una convinzione, che ritenevo giusta, cambia insieme alle circostanze, non ho paura, nè privata nè pubblica, a dire che ho cambiato punto di vista.
Spesso si dice in tono sprezzante "quella persona è emotiva", per indicare l'incapacità a usare la ragione in situazioni di stress.
Invece, essendo noi macchine che lavorano soprattutto con l'inconscio, faremmo bene ad ascoltare quella parte che noi chiamiamo irrazionale, che ci guida meglio di quel conscio a volte traditore.
Qualcosa che ci sembra un grande affare si rivela il nostro peggior incubo e qualcosa che mai avremmo pensato custode della nostra felicità, salta fuori essere lo scrigno del nostro tesoro.
Cosa dobbiamo seguire?
Per quanto analizziamo una situazione, la nostra mente è abituata a decidere in base alla nostra esperienza, soprattutto la nostra memoria inconscia.
Quello che abbiamo percepito da piccoli, quello che ci è successo e, distratti dal reale, abbiamo lasciato passare nell'inconscio ci parla continuamente, indicandoci la strada.
Nessuno di noi prende la decisione razionale giusta.
Tutto è filtrato da cosa noi abbiamo percepito, in un'altra situazione analoga, come buono o cattivo.
Così, se qualcosa o qualcuno ci rende nervosi, lo cataloghiamo 'pericoloso'.
Al contrario, se quacuno o qualcosa ci ha dato emozioni positive, è subito 'buono per noi'.
Il detto 'si dimenticheranno cosa hai detto, ma non come li ha fatti sentire' è vero in ogni campo.
Un professore di disegno, alle medie, mi disse che i miei disegni erano patetici.
Non ricordo esattamente cosa disse, ma il voto e quella sensazione di vergogna e derisione che suscitò in me, facendo battute e ridendo davanti alla classe.
Certo, fossi stata adulta e abituata ad essere lodata in famiglia, il suo comportamento mi sarebbe sembrato strano, avrei pensato che qualcosa nella sua vita non andava.
Invece, ancora oggi non uso i colori, ma sono bravissima nel disegno a matita, che lui non vide mai e non criticò.
Seguire l'istinto, le emozioni, è di solito il mezzo migliore per fare ciò che è bene per noi ed evitare ciò che ci farebbe male.
Questo, naturalmente, rispettando le emozioni degli altri.
La morale, che molti vedono come un cappio al collo, altri come un mezzo per sentirsi superiori, non è che un modo per controllare le emozioni, i nostri spiriti.
Ma Dio, che sapeva bene cosa aveva creato, ci ha messo in cuore il rispetto degli altri, l'amore e il confine tra lecito e illecito dell'anima.
Così se non rubo è anche perchè lo considero sbagliato intimamente, non perchè ho paura della galera o dell'inferno; l'onestà, che molti amaramente constatano non valere niente nel mondo, è in realtà un'emozione del cuore.
Siamo nati onesti, buoni, sensibili, ma l'inconscio baratta le nostre emozioni per una cena all'ego, per nutrire quella parte di noi che vuol sentirsi sicuro.
Così, si ruba per fame, per diventare più ricchi, per essere più rispettati.
Tutto, per garantirci un futuro migliore.
Ma state certi che, da qualche parte nel cuore, anche il peggiore dei ladri e degli uomini ha avuto un sussulto di onestà, che non ha ascoltato.
Quel sussulto è quello che permette alla maggior parte di noi di non fare sciocchezze o atti terribili.
Le emozioni ci guidano, non sono nè buone nè cattive.
Bisogna ascoltarle e sentire cosa hanno da dirci.
L'amore ci farà capire dove andare.
 

martedì 3 febbraio 2015

CHIEDIMI SE SONO FELICE

Così titolava un film di qualche anno fa.
Il film era comico, ma io, non so perchè, provai una profonda tristezza quando sentii quelle parole.
Ho visto molta gente, anche persone a cui voglio bene, schiacciate dal peso di quella frase, nella loro vita: chiedimi se sono felice.
Ti prego, fallo.
Persone che non sanno più come farti sapere quanto stanno bene.
Quando la gente mi compatisce perchè non ho un uomo, le prime quattro volte sorrido, poi mi parte la giustificazione.
So che è stupido, ma mi sento in dovere di chiarire che non sto male, che aspetto l'amore ma non soffro ecc, ecc, ecc.
Ma, in realtà, mi addolora che qualcuno mi compatisca.
Vorrei che sapesse che non è la solitudine romantica a farmi soffrire, ma questo bisogno di mostrare che sono felice.
Per esistere.
Per essere accettata.
Per tutti è lo stesso.
Sappiamo tutti che una famiglia non è sinonimo di felicità, ci sono tante insidie.
E allora via con le manifestazioni di amore, gioia e siamo felici come il primo giorno.
La povertà mi ha dato una ironica tranquillità: nessuno è povero e felice, al limite povero ma bello, ma non felice.
Non devo fingere che va bene così, non lo fanno neanche i cristiani, loro al limite dicono che il denaro corrompe e altre cose, ma in realtà non sono felici.
E allora non ho bisogno di dire che la povertà ha le sue gioie.
Non le ha.
Ma siccome la solitudine le ha, come la compagnia, quando minano la mia autostima con la pietà per la mia condizione io sento il bisogno di illuminare la parte bella.
In realtà, quello che mi ferisce è questa condizione triste di non essere in contatto con l'altro se non attraverso la gioia.
Abbiamo paura che, una volta condivisa la tristezza, gli altri se ne vadano.
Ci sono due categorie di persone: quelle che godranno a vederti infelice e quelli che si rimboccheranno le maniche per aiutarti.
La bella notizia è che quelli che godranno non li vedrai e non li sentirai, se ne staranno tra loro a ridere forse di te, a sentirsi meglio perchè la loro insoddisfazione non è più unica.
Ma gli altri ti tireranno su, ti diranno che anche loro hanno sofferto.
E non parlo delle sofferenze che ormai sono platealmente accettate, quei dolori della vita che ci accomunano, che è nobile provare.
Parlo di quei giorni tristi, perchè il marito non è più come una volta, perchè la moglie non ti capisce, perchè i figli ti danno problemi.
Insieme alle tavolate felici su facebook, alle candeline con i cuoricini nei posts che mettiamo su facebook, abbiamo tutti fardelli da portare, candele che si spengono e discussioni che si accendono.
Dietro alle foto di viaggi e feste abbiamo tutti momenti di solitudine, giorni in cui ci chiediamo se siamo felici.
E se la risposta è no, postiamo una foto felice in più su facebook.
Invece perchè non inauguriamo una nuova era di solidarietà?
Non giudicarmi da cosa provo o non provo, non pensare che se posto una foto felice con i miei figli sono felice tutto il giorno.
Pensami come sei tu, a volte incavolato, a volte triste che piangi alla pubblicità progresso.
Io ieri ho pianto vedendo un piccolo di camera di una nave che scoppiava a piangere perchè, a Boss in incognito, il capo lo promuoveva a garzone di camera.
Che semplicità, che essere umano meraviglioso, che piange di gioia per un lavoro che per lui è un regalo!
Ho pianto per tutte le volte che io mi lamento, che vorrei di più, che vorrei quello che non ho.
Ho pianto perchè nessuno mi crede se dico che il giorno più bello della mia vita è stato domenica scorsa quando, da sola, senza un pensiero al mondo, sono stata in pigiama ad ascoltare musica.
Sembra finto.
Sembra una giustificazione.
Ma io dico anche quando piango per quell'uomo che amo e non mi vuole.
Quando mi dicono che a cinquantanni sarò sola perchè noi donne a cinquantanni non ci vogliono più, io sono triste perchè ho paura che sia vero.
Non mi interessa quanto si nasconde dietro le candeline e i cuoricini dei posts di facebook.
Non abbiate paura, gente.
Non abbiate vergogna, gente.
Tutti abbiamo un laccio intorno al cuore.
Chiedimi se sono felice.
Te lo dirò senza menzogne.