sabato 22 agosto 2015

I PROFUGHI




 

Tutti lo sappiamo: ogni europeo ha oggi nel quotidiano il profugo e cosa fare.
Per alcuni è un dilemma, vorremmo accoglierli, ma sono indubbiamente molti; dobbiamo accoglierli, ma stiamo male anche noi.
In un Paese dove non c’è benessere per tutti, chiunque arrivi ci porterà via qualcosa, è naturale.
Il dilemma nasce dalle nostre buone coscienze e dalla realtà che è quella che è.
Siamo abituati a rubacchiare, sulle tasse, sui bolli, sul lavoro in nero, quindi ci aspettiamo che lo facciano tutti.
Veramente, chi ruba e ci fa stare così male è la classe dirigente, coloro che hanno in mano il denaro e il potere e lo usano male.
Nessuno di noi è davvero così cattivo da non rendersi conto che quegli uomini, ma soprattutto quelle donne e quei bambini, vanno aiutati, ma nessuno è così idiota da non sapere che non è una soluzione facile.
Chi fa sdolcinate filippiche sulla fratellanza non è meno fuori luogo di chi propone di bruciare i barconi: la soluzione è solo umanitaria, dettata da un fattore che ci accomuna tutti.
Vogliamo essere felici.
Il nostro Paese ci ha tolto la felicità e nemmeno quei partiti che tuonano razzismo e patriottismo ci danno la felicità.
Vogliamo un mondo dove i nostri figli non trovino discoteche che li macinano; vogliamo un mondo dove i posti di lavoro non siano arene da colosseo, dove siamo dati in pasto a belve feroci ogni giorno e torniamo a casa, per scoprire di aver lavorato per sederci su una macchina più grossa, aprire una porta di lusso, quando ci va bene, o per pagare il gas e la luce.
Vogliono la felicità e noi che non l’abbiamo temiamo che ce la portino via.
Cosa ci portano via?
Un giorno in cui, probabilmente, qualcuno aveva fatto arrabbiare Pietro, il braccio destro di Gesù, lui va dal suo Maestro e gli dice
“Ma per essere a posto, quante volte devo perdonare?”
Si aspettava, come noi, che Gesù desse un limite, un numero preciso che dicesse ‘Basta’.
Invece, Gesù dice un numero infinito: settanta volte sette.
Il numero sette, nella Bibbia, è la pienezza, quindi settanta era considerato, dagli uomini pii, il limite da raggiungere per essere ancora pio, ma vendicandosi.
Gesù lo leva.
Ecco cosa ci portano via: la nostra bontà, la nostra carità, che credevamo infinite.
Mandare i soldi ai bambini che muoiono di fame, pregare, aiutare i poveri che, essendo rari, più di tanto non ci chiedono era la  nostra infinita bontà.
Tutti ci sentivamo meglio, dopo queste cose.
Dare l’elemosina in chiesa, dare un euro al mendicante, magari, per i più facoltosi, organizzare raccolte fondi degne di tale nome.
Al resto pensano le associazioni.
Invece questi profughi, che scappano dalla paura, sono troppi e troppo diversi da noi.
Non raccontiamoci frottole: lo sappiamo noi e lo sanno loro che non andiamo d’accordo culturalmente, perché siamo diversi e non parlo di colore della pelle, parlo di credo, usi e costumi, cultura.
Loro ci ricordano che il limite da raggiungere, per sentirsi a posto, non c’è: se io non riesco, e parlo in prima persona, ad aprire le porte di casa mia a qualcuno che scappa dalla miseria, non sono buono.
Lo so perché l’ho fatto e non mi sono sentita buona.
Io, che devo chiedere alla parrocchia di Verolanuova di aiutarmi, ho odiato chi viene qui a fare massa, così che la parrocchia non può aiutare tutti e io vado nel mucchio.
In un mucchio diverso da me, distante da me e dai miei ricordi.
Ci sono voluti giorni di preghiera, per capire che non sono loro a portarmi via qualcosa, ma io a negarmi la consapevolezza che devo migliorare, le istituzioni devono migliorare, tutti devono fare il loro piccolo, sporco lavoro, che è contribuire a fare della vita degli altri una vita diginitosa.
Difficile, a volte impossibile, se non si smette di porre limiti alla bontà.
Non so voi, ma io non sono buona e questo mi ha fatto sentire come loro, loro sorella, in mezzo a questo oceano che chiamiamo mondo.
Forse un giorno scoprirò la guerra, visto quanto sono fanatici i nostri leaders, ma per ora non so da cosa scappano.
Ma so da cosa scappo io quando li vedo: il risultato di settanta volte sette.