domenica 28 dicembre 2014

ED ECCO L'ANNO NUOVO

Questo Natale è stato davvero felice, per me.
Il silenzio della mia casa mi ha ricordato i suoni che ci sono stati, mi ha raccontato il segreto della vita: lasciare che scorra, salutando chi non c'è più e trattando bene chi c'è.
Ho qualche rimpianto, qualcosa di cui mi vergogno e un paio di persone a cui ho fatto del male e a cui dovrei chiedere perdono e cose che ho provato e che non dimenticherò mai.
Purtroppo, ho anche amori finiti, mai cominciati, persone che non mi hanno voluto o voluto poco.
Ho imparato da tutti e questo mio accettare le cose della vita non le ha rese meno dolorose, ma solo più istruttive.
Abbiamo paura delle cose dolorose e abbiamo ragione.
Ma accettarle è l'unico modo che abbiamo perchè portino frutto.
Dobbiamo imparare che ogni azione, ogni scambio emotivo, ogni ostacolo ha un bagaglio di crescita, di scavo interiore che non si ripeterà e se noi lo lasciamo andare, non saremo forti per il prossimo.
Siamo qui per imparare, incontrarci, aiutarci e poi tornare a casa.
Se sapessimo quanto è importante aiutarci, sostenerci e prenderci per mano, non smetteremmo mai di farlo.
Ci hanno insegnato a diffidare, ci hanno insegnato a pensare a noi e alle nostre famiglie.
Poi, ci hanno insegnato a giudicare il bene e il male, distinguendo la misura e la gravità di entrambi, catalogando le persone secondo la quantità e la qualità di questi due poli nella loro vita.
Invece questo era compito di Dio, perchè Lui sapeva che noi, avvolti dal giudizio, ci saremmo intrappolati, smettendo di vedere il bene e il male e vedendo solo il santo e il peccatore.
Così, tristi e soli, ci arrampichiamo verso casa, dimenticando che siamo viandanti compagni, che potremmo chiacchierare lungo la via, sperando di non soffrire troppo.
Io ho passato un Natale bellissimo, ma ne ho passati di orrendi, faticosi e bui.
Alle persone che stanno soffrendo adesso auguro un anno nuovo luminoso, auguro loro la coscienza di essere in tanti, di poterci aiutare.
E la spina che ho nel cuore, che in questo momento mi fa odiare una persona, se ne andrà.
Lo so.
E avrò imparato ancora.

venerdì 26 dicembre 2014

QUELLO CHE AMO DI TE

In queste ultime settimane ho conosciuto il lato migliore delle persone.
Ho notato però che c'è un filo conduttore che lega il comportamento dell'individuo, che lo lega a una personalità, un modo di affrontare la vita, che non cambia nemmeno quando questo individuo è, per usare un termine generico, buono.
Le persone sono come sono e usano la loro storia, le emozioni che hanno lasciato prevalere, per condurre le loro relazioni e noi non c'entriamo niente, mentre quando sono sgarbate ce la prendiamo.
In realtà quando ci ferisce qualcuno, non siamo mai la ragione del risentimento, o astio, ma solo un memorandum, qualcosa che ha versato sale sulle loro ferite.
Nonstante ciò, in questi giorni una persona, che mi ha spesso, inavvertitamente, ferito, lo ha fatto di nuovo.
Eppure ho imparato che quando una persona non è interessata a quello che fai, a meno che tu non la coinvolga direttamente, che comincia i messaggi con qualcosa di personale, ma generico, non ti chiede mai cosa davvero significa quel velo di malinconia negli occhi, ebbene quella persona ha problemi con se stessa, non riesce a comunicare.
Ho così imparato che siamo noi i responsabili delle emozioni che gli altri ci fanno provare, non loro.
Anche io ho detto spesso "Quella persona mi ha fatto soffrire", ma non è così: io ho permesso a quel comportamento di ferirmi.
Se non sono in grado di reggere le debolezze di qualcuno devo allontanarmene, ma non devo dargli l'onere della colpa.
Se ci facciamo carico delle nostre emozioni, vedrete che sarà più facile gestirle e, in fondo, cambiarle.
In questo Natale di regali, di cesti con tanto cibo, ho mangiato più del dovuto, perchè anche io, come tanti, consolo la mia ricerca di amore con il cibo; questo non significa che chi mi ha regalato il cibo è responsabile dei miei chili in più.
Allora perchè lo facciamo con le emozioni?
C'è una persona che, magicamente, appare ogni volta che ha il sospetto che la star sia nelle vicinanze: è una persona dolce e gentile, ma non un amico.
Ma ogni volta che riappare, io so che questa persona io l'ho eliminata proprio perchè non riesco a reggere il fatto che non gli interessa minimamente quello che io faccio, o sono, ma che io riveda, o meno, la star.
Mi sono chiesta: cosa devo fare? Tenere le piacevoli chiacchierate, sapendo che sono solo quello, non amicizia, o mi ferisce sapere che non sono valida se non per quell'incontro?
Questo devo guarire, dentro di me.
Non sono responsabile per le emozioni e il comportamento degli altri, ma solo per il mio.
Quella persona non legge il mio blog, figuriamoci, e non saprà di questo post, quindi non è nessuno di voi, per lo meno che io sappia, ma volevo solo dirvi che bisogna sempre tornare a noi, alla nostra anima, perchè ho visto che quando l'anima si cura, le persone negative si volatilizzano.

mercoledì 24 dicembre 2014

NATALE CON I TUOI

E' arrivata la tanto attesa vigilia di Natale.
La aspettavo da tanti anni, questa vigilia da sola.
L'ho preparata con cura.
Ho declinato gli inviti con un sorriso.
Ho invitato per domani.
Ma, stasera, sono rimasta con la mia cagnolina.
Ne abbiamo passate tante e lei mi leccato il naso tante volte, mentre piangevo.
Siamo state sole tante volte, senza averlo scelto.
Poi le persone mi hanno aiutato.
Poi le persone mi hanno voluto bene.
E, oggi, io voglio dedicare il momento più intimo e dolce dell'anno a me e alla mia cagnolina.
Voglio restare con lei, giocare, fare le coccole, mangiare un pò di più.
Ascoltare questa mia anima che non ha più paura del silenzio e che da sola sa essere felice.
Perchè è solo dopo che sono stata felice da sola, che sono arrivati gli amici e, forse, l'amore.
Lo dico piano, questa notte, perchè parlare d'amore può farlo scappare via.
Sono qui con me e lei e facciamo piani di gioia.
Stasera è dedicata a quell'essere che disprezzavo, che credevo sbagliato, che credevo vinto: a me.
Che ho imparato che la vita ci da automaticamente il privilegio di essere amabili e che siamo noi a togliercelo per piacere a tutti, per piacere di più, per piacere a qualcuno in particolare.
Stasera il mio cuore è pieno di amore come non lo era mai stato, perchè si era inaridito e gli altri lo hanno nutrito.
Auguri a tutti e grazie, per questa vigilia che non dimenticherò mai.

venerdì 19 dicembre 2014

SE TI VA BENE E' COSI'

Quanti di noi si sono sentiti dire questa frase, magari da qualcuno che poteva aiutarci.
Io me la sono sentita dire da un parente e, credetemi, nonostante io preghi molto per imparare a perdonare, non sono ancora riuscita a farlo.
Credo che le nostre azioni determinino certo quello che diventiamo, ma non quello che siamo: possiamo sbagliare, quindi prendere decisioni sbagliate, o comportamenti sbagliati, ma noi non siamo le nostre azioni e possiamo, in ogni momento, cambiare e imparare.
Se nella vita ci troviamo in posizioni di potere, o di comando, non siamo lì solo perchè ne abbiamo il merito, ma perchè nella vita esiste l'X factor.
Sì, il nome del programma viene proprio da un dato scientifico, che proprio perchè imponderabile, è stato definito, dagli scienziati, il fattore X.
Si è notato che, nella vita, nonostante si faccia esattamente la stessa cosa, con diligenza e buona volontà, si possono avere due risultati: il fattore che cambia è l'insieme delle azioni, del passato, dello spirito di un individuo.
Facciamo un esempio: io studio, prendo buoni voti, ho un'intelligenza nella norma.
Insieme a me si trova uno studente che studia come me, ma ha un'intelligenza diversa, magari a casa ha problemi, ma ha un carattere molto forte e ce la fa, prende i miei stessi voti.
Ce n'è un altro: non studia, ha un'intelligenza superiore ed è uno scapestrato, ma alla fine ce la fa anche lui.
Solo uno trova un lavoro, subito, l'altro dopo tre anni e l'altro ancora dopo sei mesi.
Queste cose insieme non sono determinate da qualità o diligenza nell'azione, ma da qualcosa di imponderabile: il fattore X.
Che per me, credente, è Dio, che con il suo disegno cerca di riportarmi allo splendore che la mia anima merita.
Per un non credente resta la scienza, con il suo fattore inspiegabile, dato dal caso.
Quando dunque siamo nella condizione di aiutare qualcuno, non siamo lì perchè siamo migliori, ma soprattutto non siamo incisi nella pietra, potremmo un giorno trovarci a elemosinare un piacere.
Dire a un essere umano, per giustificare una paga indegna, illegale, o un lavoro pericoloso senza le dovute cautele, perchè costano, "Se hai bisogno è così" si chiama, tra gli uomini di buona volontà "SCHIAVITU'".
E' inutile girarci intorno, possiamo chiudere gli occhi, come stiamo facendo sulla mafia a Roma, ma siamo tutti complici e peccatori come i negrieri, che rapivano bambini per venderli nelle Americhe.
Vogliamo avere schiavi e tenerci i soldi.
Anticamente, i produttori di caffè e cotone, che compravano gli schiavi africani, avevano come scusa che pagare tutta quella gente li avrebbe rovinati.
Non era vero, tant'è che sono sopravvissuti alla guerra che ha liberato tutti.
Noi, oggi, stiamo scivolando nello stesso errore, facendo diventare questa pratica ignobile lo status quo.
Liberiamoci da questa vergogna, rifiutiamoci di avvalorare chiunque la pratichi.
Se siete in posizioni istitutive gridate NO.
Salvate la vostra anima, perchè quei dieci euro che guadagnerete non lo faranno per voi.

mercoledì 17 dicembre 2014

PERDONO, PERDONO, PERDONO

Quando ero bambina, c'era questa canzone di Caterina Caselli e io mi chiedevo perchè insistesse tanto: se non ti vuole, non ti vuole.
Crescendo ho conosciuto, si fa per dire, il perdono evangelico, quel settanta volte sette che, incalcolabile emotivamente, fa 490.
Non ho mai capito l'importanza e il valore del perdono, fino a quando mi hanno davvero fatto arrabbiare.
Io non solo non so perdonare, ho scoperto, ma non so nemmeno chiedere perdono.
E' stata una rivelazione, perchè ho cominciato a guardare, come uno spettatore, che cosa la rabbia, il rancore e tutte le emozioni negative legate al non perdonare, sono capaci di fare all'anima.
A volte sono stata ferita, altre ho ferito, alcune volte sono stata ferita con intenzione, ma anche lì, le persone sembrano aggressive perchè si sono dimenticate perchè soffrono.
Ma la reazione sana di risentimento, e quindi di allerta, che la biologia ci ha regalato per evitare che gli altri ci uccidano, è diventata con il tempo la medicina per tutto quello che gli altri fanno che non ci piace.
Un tempo di rabbia, di incomprensione, deve esistere: ci mette al riparo dalla accettazione di comportamenti cattivi, sbagliati, ci protegge dal proseguire in una strada che ci porta guai.
Gli altri, a volte, reagiscono male a qualcosa di sbagliato che noi stiamo facendo.
Il perdono serve più, ma molto di più. a chi lo elargisce, che a chi lo riceve.
Anche quando l'altro non lo accorda, chi l'ha chiesto si sente meglio, cosciente di avere sbagliato e quindi pronto a prendersi la responsabilità delle sue azioni.
Che non vuol dire sentirsi in colpa: sentirsi responsabile non è essere colpevole.
Tutti sbagliamo, tutti tendiamo a negare, a darci giustificazioni, ma la responsabilità non è sull'errore, ma sulla nostra natura.
Una storiella zen racconta di un coniglio che deve attraversare un fiume: vede un coccodrillo che si offre di portarlo sulla schiena.
"Eh, no" dice il coniglio "Mi mangerai"
"No, perchè dovrei?"
Allora il coniglio sale sulla schiena, viene portato all'altra riva, ma appena scende, viene mangiato.
Mentre il coccodrillo lo aggredisce, dice "Ma, mi avevi promesso di non farlo!"
"Sì" risponde lui " ma sono un coccodrillo"
Siamo umani, imperfetti e credere di non sbagliare mai è un'illusione.
Sbagliamo e la maggior parte delle volte senza saperlo.
E' inutile ammettere sbagli che non ci fanno vergognare: è salutare ammettere quello che gli altri ci dicono.
Valutare con la mente aperta e capire se l'altro è solo un rompiballe o ha ragione.
Questa è la repsonsabilità: capire se ho ragione io o l'altro, senza per questo odiarlo.
E accettare cosa ci dice l'anima.
Che lo sa.
Sempre.
E' difficile ammettere di essere imperfetti, ma se impariamo ad accettarlo da noi stessi lo faremo anche con gli errori degli altri.
Questo dice il Padre Nostro: mentre perdoniamo, siamo perdonati.
Quando capiamo che l'altro è imperfetto, non nemico, siamo più indulgenti con i nostri errori.
Capire di aver sbagliato non è giustificarsi "Eh, sai sono fatto così", ma prendersi la responsabilità di vedere cosa c'è da cambiare, migliorare, eliminare.
Così diventiamo grandi e così diventiamo sani.
I sensi di colpa non servono a nessuno e fanno solo venire voglia di difendersi dalle accuse.
La saggezza sta invece nel valutarle le accuse.
Ed eventualmente difendersi, spiegando.
Ma se l'altro è offeso, scusarsi per avere comunque urtato, anche nella ragione di una discu
ssione, l'altro.
Poi magari non lo frequenterete più, ma voi vi sentirete talmente bene che canterete "Don't worry, Be happy!"

mercoledì 10 dicembre 2014

COS'E' LA VITA SENZA L'AMORE

Quando ero piccola, una canzone diceva così: cos'è la vita senza l'amore, è come un albero che foglie non ha più.
Buffo come le canzoni ricordino sempre il lato brutto dell'amore, intendo un inizio sfolgorante e una fine straziante.
E' così che ci sentiamo, in testa al mondo quando comincia e sottoterra quando finisce.
E finisce per tutti, anche quelli che restano insieme; sì perchè si comincia a sentire quella sabbiolina fastidiosa sotto le scarpe, sapete quando si va al mare e la sabbia si infila ovunque invisibile, poi la mamma sgrida perchè scricchiolano le scarpe e si scopre che il pavimento è pieno di sabbietta.
Poi la sabbia s'infila nelle lenzuola.
I più solidi accettano la trasformazione dalle montagne russe alla festa di Natale, per poi finire nella gita fuori porta.
I più solidi, perchè non è facile capire che l'amore, come abbiamo sempre chiamato l'attrazione fisica, non è tutto fuochi d'artificio e moine.
L'amore, soprattutto quello vero, è camminare insieme, restando indipendenti e unici.
Chi ama non ha paura di essere solo, altrimenti è codipendenza.
Chi ama sa fare tutto da solo, ma lo fa più volentieri insieme.
E la fine di un amore non è la tragedia che tutti raccontiamo.
C'è quel momento, che ha bisogno degli amici che ti passano i fazzoletti, che ti ascoltano dire per la trentaquattresima volta che stai male e lo rivuoi, momento che è come il latte, ha la scadenza scritta.
Poi si rinasce, piano piano, ma si rinasce e si cerca un nuovo amore.
Certo, noi donne siamo più svantaggiate, quando abbiamo qualche anno di più l'uomo non ci rincorre.
Ma, anche lì, è una questione di luoghi comuni: quando hai in mente di farti una famiglia, ti guardi intorno meglio, quando la famiglia non la fai più, guardi solo che stia bene con te e qui, ragazze, il campo si restringe!
Non abbiamo più voglia di compromessi, di magoni e va beh.
Abbiamo scoperto, dopo le corse della gioventù, che l'amore non è sempre una giostra, che non è necessario e che si vive anche senza.
Sia chiaro, l'amore è come il resto: non si vive senza cibo, senza denaro e senza amore e la lista cambia a seconda di cosa manca.
Se vogliamo vivere senza una di queste cose, la vita diventa dura.
Le cose belle, che nutrono, vanno vissute come un dono di Dio: accumulare denaro, mangiare troppo, attaccarsi troppo a una persona o all'idea che quella persona ci salvi dalla solitudine, diventa deleterio per la salute.
non è dissacrante paragonare l'amore al cibo o al denaro: tutti e tre, se idolatrizzati, diventano nocivi.
E' vero, la solitudine fa paura, ma solo se si attraversano momenti difficili: allora si vorrebbe qualcuno vicino che ci consola.
Ma la vita non sempre ce lo da, nemmeno quando si hanno figli e compagni.
Nel dolore, si è soli sempre.
Io, che la solitudine l'ho temuta molto e per la paura di doverla affrontare ho fatto gli errori più dolorosi della mia vita, l'ho conosciuta.
ho pianto, tanto.
ho anche visto cosa vuol dire quando quelli che tu chiamavi amici se ne sono andati perchè ero diventata triste, o non se la sentivano di starmi vicino.
allora mi sono rimboccata le maniche e ho lavorato da sola.
E ho scoperto tante cose che vorrei dirvi, perchè la paura della solitudine non vi annienti, non vi disperi.
forse state vivendo la fine di un amore, forse non arriva l'amore che speravate.
Forse, come me, siete spesso feriti dai commenti, in buona fede, delle amiche, che si rammaricano per la vostra situazione di single.
Cercare di spiegare che state bene, che ci sono tante cose che si fanno aumenta solo la loro convinzione che state male, che vi siete adattate ma che abbandonereste volentieri il vostro stato per quello, universalmente applaudito, di 'in coppia'.
Invece no: anche quello è un luogo comune, si è confuso l'amore, la gioia del condividere, con la necessità, la mancanza di crescita.
Anche io ho amato sciogliendomi in lui.
E ho sbagliato.
Quelli davvero felici sono quelli che restano solidi, che vivrebbero anche senza il loro partner, ma ci vivono.
Ho visto quasi tutti i miei amici divorziare, o vivere miseramente accanto ai loro partners, ma chi davvero se la gode sono quelli che non hanno bisogno dell'altro per sopravvivere.
non vivo senza di te è una frase bella nelle canzoni, ma nella vita fa male a tutti e due.
sono fuggita da chi diceva di non poter vivere senza di me e ho fatto fuggire chi mi necessitava per stare bene.
Vorrei che non aveste paura di restare sole, donne, anche contro gli sguardi di compassione delle amiche, l'indifferenza dei maschi quando invecchiate.
Quell'indifferenza arriva perchè noi non crediamo più di valere.
Tempo fa, qualche mese fa, ho risposto a un trentenne che mi diceva "Davvero non vuoi fare sesso, credevo che quelle della tua età non aspettassero altro che un trentenne da portarsi a letto"
E io gli ho risposto "Tu non mi ti puoi permettere"
Perchè anche se desidero l'amore, lo aspetto facendo altro.
E se non arriva, la mia vita vale viverla, sempre.
Da quando mi alzo e mi fanno male le ginocchia, a quando vado a letto e leggo tre pagine e crollo con il kindle in mano.
La vita ha tante sfide, ragazze, non lasciate che la paura degli altri di essere soli diventi una sfida in più.
Credeteci nell'amore, ma se non arriva è perchè non ci serve e non è una frase da tree huggers, come li chiamano gli americani, quei fricchettoni new age che amano anche i divani.
E' la verità, semplice.
L'amore è bellissimo, ma lo è anche la vita, guardatela negli occhi.
E l'amore arriverà all'improvviso.
 

sabato 6 dicembre 2014

ZIA, MA COM'E' AVERE CINQUANTANNI?

Qualche giorno fa, il figlio di un'amica mi ha fatto questa domanda: mi sono sentita, per un attimo, spiazzata.
Io non ho cinquantanni!
Ma questa è stata la prima reazione: quanti di voi si sentono "davvero" così grandi?
I miei genitori erano quelli vecchi, quelli grandi.
Adesso, la curiosità di quel giovanotto mi aveva messo davanti alla realtà: non ci si sente vecchi, ti vedono vecchio.
Allora, tesoro, ti dico cosa vuol dire avere cinquantanni, perchè tu lo sappia e perchè tu lo custodisca.
Io non ho più la fregola di mettere su famiglia: questo mi ha fatto diventare selettiva.
Non che da giovani si prende quello che capita, ma si usano parametri più elastici.
Adesso, se uno vuole venire a dormire con me, e se l'età è convenientemente simile ci si aspetta che lui russi, devo essere innamorata.
Non mi aspetto vigore, ma mi aspetto che non mi parli di acciacchi e per l'amor del cielo che non mi parli di come è cattiva l'ex moglie!
Sono tutte arpie, nei racconti degli uomini, le ex mogli.
Se decido di passare ancora del tempo con un lui, deve essere tempo bello; niente menate, bugie e ritardi, se non vuoi venire, stai a casa, ho perso già tanto tempo a piangere, quindi dimmi subito che non ti piaccio.
A cinquantanni, l'amore per i viaggi si è trasformato in amore per le gite; vado a trovare un amico, ricevo ospiti per un weekend, ma per carità non fatemi andare via un mese, mi mancherebbe casa mia, i miei dottori e le mie pastiglie.
La mia casa è country, sempre più simile a quella della signora Fletcher, con i pizzi e i merletti.
Ho imparato a riconoscere gli amici e le persone false e mi guardo dal frequentare gente negativa, che si lamenta e parla della vecchiaia.
Sì, perchè io, a cinquantanni, non parlo di malanni e di come è brutto invecchiare, ma di come è bello crescere, avere una gran vita alle spalle e raccontarti tante cose, giovanotto.
Mi piace avere cinquantanni, anche se ho le vampate e, a causa delle pastiglie, qualche volta ho l'affanno e il glaucoma mi fa rallentare e attaccarmi alla ringhiera delle scale.
Mi piace la mia età, con la saggezza, l'ironia e la voglia di amare senza fronzoli, con la consapevolezza che l'amore è anche nell'amicizia, nella famiglia e nella solidarietà.
Non piango per quello che non ho, ma ci lavoro, perchè se ami la vita, se ami le relazioni, prima o poi quello giusto arriva.
E quello giusto magari mi sentirà russare, se ho il raffreddore, ma mi amerà lo stesso.
E poi, tesoro, la mia cagnolina diventa più importante di lui, pensa che uno l'ho mandato via perchè non voleva che tenessi la mia cagnolina nel letto.
I compromessi non si fanno più, a cinquantanni, come non si fanno più gli addominali, ma i muscoli ci sono lo stesso.
Si fanno grandi camminate, quando se ne ha voglia, si mangia in compagnia e si piange un pò, quando si vede che un'amica non ti cerca più, o che qualcuno che potrebbe farti compagnia non te la fa.
Ma poi si cerca altro, la vita è piena di bella gente, che ha tempo per te e scopri che chiudere la porta alle persone negative fa spazio a tutte le altre.
Avere cinquantanni è bello, perchè sai che hai imparato tante cose e faresti ancora tutto.
Nessuno ti rincorre più, ne' il tempo, ne' lo stress: quello che hai si sfalda piano piano, i figli che se ne vanno, il lavoro che chiude, i figli delle tue amiche che ti fanno domande buffe.
Niente dura per sempre, nemmeno la gioia di un amore ben riuscito.
Ecco, io ringrazio Dio per gli amori, tutti, per i viaggi, per gli amici, per le difficoltà e le risalite.
Ma soprattutto ringrazio Dio per te, per avere ancora generazioni nuove che cambieranno il mondo.
Perchè, tesoro, a cinquantanni io cambio solo dieta per restare in forma.

giovedì 4 dicembre 2014

QUANDO LA VITA INSEGNA

Credo davvero che tutto quello che succede, nella vita, ha un motivo utile all'anima.
Quando le cose sono belle non ci pensiamo, non stiamo a chiederci "Perchè proprio a me", filiamo via contenti, quasi impauriti da tanta felicità, come se fosse possibile rubarla.
Quello che invece può succedere è pensare che durerà: ecco, quello ci sembra spesso un furto.
Ma come, ci diciamo, ero così felice, cosa ho fatto?
Invece, quando le cose non vanno bene, ci chiediamo perchè, cosa abbiamo fatto, ma subito.
In realtà la nostra unica responsabilità è stato nascere.
Quando veniamo al mondo, senza però ricordarci perchè, lasciamo da dove siamo venuti tutte le risposte e tutte le spiegazioni.
In realtà, quando qualcosa accade, fateci caso che porta con sè sempre un insegnamento.
Prendiamo me: tempo fa vi ho raccontato di come il mio paese si sia stretto intorno a me e alla mia difficoltà, di come amici d'infanzia, che non vedevo da tempo e credevo ormai si fossero dimenticati di me, mi vennero in soccorso e poi via via più gente, in un abbraccio solidale che mi rimise in pace con il mondo.
Io, che avevo avuto molti dolori, molte persone nemiche e difficili, vedevo tutta la bontà e mi commuovevo.
Poi, un giorno, alcune persone che per il posto nella società che si erano prese aiutavano chi ha bisogno, mi hanno mentito.
Io sono andata da loro con il cuore in mano, chiedendo loro con umiltà cosa potevo fare per andare daccordo con loro e loro mi hanno sorriso, mi hanno aperto la loro porta.
Ma poi, mi hanno calunniato, hanno avuto paura della sincerità e l'hanno respinta.
Ho sofferto, ma mi sono chiesta: perchè?
E ho capito che Dio manda le persone non perchè noi le cambiamo o le giudichiamo, ma per vedere quanto la nostra anima ha imparato.
Guardavo lo scempio che queste persone avevano fatto e mi chiedevo "Dio dov'è?"
Ho pensato agli ebrei nei lagers, che si facevano la stessa domanda, e mi sono detta che io sono fortunata, a chiedermi la stessa cosa da casa mia, di persone che, in fondo, fanno male a se stesse più che a me.
E ho capito che Dio parlava a me.
Perchè Dio ha fermato quelle persone, ma non quello che loro volevano distruggere, cioè quell'onda benefica che era cominciata con le persone che mi hanno aiutato che, riempiendomi il cuore, mi avevano fatto venire l'idea di aiutare anch'io.
Dio ha aperto le porte a continuare l'aiuto ai poveri, ma ha fermato la cattiveria dei pochi.
Anche i poveri non sono qui tra noi perchè noi li sistemiamo, almeno non solo ed è impossibile aiutarli tutti, ma per vedere quanto la nostra anima si fida di Dio, si fida di una provvidenza che a volte non riconosciamo.
Dio vuole vedere quanto ci costa occuparci degli altri, quelli che non sono a noi cari, che non ci possono ricambiare.
Quanta voglia abbiamo?
Fare del bene può inaridire, ma mai distruggere; possiamo essere stanchi, possiamo diventare aridi.
Ma dovremmo averne paura.
Io ne ho paura.
In questi giorni ho giudicato, odiato, mi sono ribellata.
Ma non è questo che Gesù ha fatto e io mi sono spaventata.
Ecco perchè dico che tutto accade per un motivo.
Mi sentivo buona, perchè collaboravo con istituzioni benefiche.
Invece Dio mi ha detto "Senti, dopo che i poveri ti hanno sorriso, cosa ne dici adesso di sentirle su dai tuoi compagni di viaggio?"
E io non ho retto.
E Dio mi ha detto "Ok, vai avanti, ma ricordati che c'è sempre da imparare"
Eh...Dio ha molta fantasia e senso dell'umorismo.
Ma, Dio...la prossima volta i compagni di viaggio sceglili più simpatici.