martedì 7 ottobre 2014

LA SOLITUDINE: TU COME STAI? PARTE II

Il post precedente ha sollevato alcune inquietudini tra le persone che mi sono vicine.
Alcuni mi hanno chiamato, chiedendomi se avevano mai dato fastidio, altri si chiedevano se il mio campanello all'ingresso non fosse in realtà rotto, ma strategicamente spento.
No.
A tutte le domande.
La solitudine a cui mi riferisco, emotiva e fisica, è quella che accade, che non scegli.
Io, in un periodo della mia vita, sono stata ferocemente allontanata da persone che avrebbero dovuto essere mie amiche.
Avevo un'amica a L'Aquila che adoravo e lei, un giorno, cominciò a evitarmi, a non invitarmi più.
Ci sono state persone che mi piacevano che hanno fatto lo stesso qui; dopo un periodo di simpatia, smettevano di cercarmi.
Questo mi ha fatto chiedere perchè.
Ho notato che anch'io ho trovato persone che, dopo un pò, non cerco più e ho notato che sono le persone che ci sono sempre, che chiamano, che visitano.
Quelle che diamo per scontate.
E io ero una di quelle.
E mi sono chiesta perchè.
Gli altri non mi cercavano perchè erano abituati a vedermi.
E quando tu ti presenti troppo spesso, smetti di mancare.
Lo dice persino la Bibbia, di non calpestare l'ingresso del vicino troppo spesso.
Mi sono così chiesta perchè nessuno mi amasse.
E ho trovato la risposta: non amavo quello che portavo in visita.
Se qualcuno ti porta una torta e ti dice: io te la do, ma a me personalmente non piace, raramente ti piacerà.
Beh, era quello che facevo io con me stessa.
Cercavo, nelle mie visite, una sicurezza che deve essere portata da casa.
Nessuno va dal vicino a chiedere un cappotto per uscire, se lo mette prima.
Io non ho fastidio nelle visite e nell'amicizia delle persone che conosco adesso: io ho capito perchè ho perso le persone in passato e anche quando le perdo adesso, so perchè.
Non si cambia radicalmente, mai.
Io sono ancora la bambina solitaria che giocava con le lumachine nel giardino a casa, senza nessuno, che sognava tanti amici e non li aveva.
Quando ho qualcuno, tendo a essere in ansia perchè lo perderò, allora mi trincero dietro un'ansiosa chiacchiera e entusiastica valanga di racconti, che tramortiscono.
Allora ho detto: cosa voglio davvero dagli altri?
E ho scoperto che io, dopo il primo momento ansioso di uragano di parole, amo ascoltare le cose della gente, amo che si fidino di me al punto da confidarmi le loro cose.
Non amo le grandi riunioni, non amo le feste e le discoteche, anche per l'età.
Sono felice dei miei pochi amici che vedo raramente, perchè sono persone che non hanno bisogno di me, o di 'fare casino' o comunque di farlo con me.
Amo parlare di arte, di spiritualità, di viaggi e avventure.
Mi divertirei un mondo con i Cesaroni, ma non sarei amica di quelli di Beautiful.
Medito, prego, ascolto musica e amo le cene con poche persone, dove si parla delle nostre vite e dove si ride e si dicono stupidate.
Ecco cosa ho fatto negli anni in cui credevo di dover 'soffrire' la solitudine: ho fatto chiarezza nelle cose che amo davvero e in quelle che non amo.
Sono diventata una persona migliore e ho trovato le persone giuste.
Non cerco più nessuno perchè in passato sono stata invadente.
Ho capito che se non piaci c'è qualcosa in te che va guarito.
E le persone che sono adesso nella mia vita trovano una persona che sembra scostante, goffa, ma in realtà non fa più di tutta un'erba un fascio, ma sa che le persone vanno e vengono, che restare soli è un vivere come un altro.
Anch'io soffro per amore, per qualcuno che volevo accanto e che ha preferito andarsene.
Ma essere sola è un modo come un altro di vivere, non c'è disperazione o tristezza, non c'è bisogno o angoscia.
A patto che si stia bene con quello che siamo diventati

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