mercoledì 3 settembre 2014

I NOSTRI FIGLI SONO FIGLI DELLA FAME CHE LA VITA HA DI SE'

Ho alcuni amici che hanno famiglie numerose, con cinque, sei e anche undici figli, voluti, amati e cresciuti nell'amore.
Ho amici che hanno un figlio, perchè se no cosa ti sposi a fare, capitato, cresciuto e svogliatamente amato.
Ho amici senza figli, amici con famiglie allargate, ho nipoti e ragazzi che ho accudito.
I figli sono la fame che la vita ha in sè, lo dice Kahlil Gibran, che tutti conoscono per il suo libro "Il Profeta".
Vogliamo i figli.
Vogliamo famiglie.
Vogliamo partners.
Abbiamo dentro di noi una spinta che troppo spesso condanniamo: il desiderio di comunicare, di non restare soli, il sogno di sentirci vivi in uno scambio.
Se Dio non ci avesse dato quello saremmo tutti soli, liberi, contenti di esserlo.
Invece, anche gli irriducibili del vivere soli, del non legarsi, sono vittime di un legame morboso con un genitore che lo ha soffocato, quindi non ripetibile con un partner, per paura di perdere quella spinta di vita che è la ragione del nostro cercare.

Vogliamo un figlio perchè sentiamo, senza che nessuno ce l'abbia detto, che è un legame unico, che ci terrà ancorati qui, che ci farà sentire che non siamo inutili, invisibili, irrilevanti.
Alcuni di noi, però, non riescono ad essere buoni genitori e non parlo di chi li abbandona, i figli, o li uccide, ma di quelli di noi che, alla fine, si chiedono come mai non sono amati, perchè non sono riusciti ad avere un buon rapporto con i loro ragazzi.
E come mai non sono riusciti ad amarli.
Non sono riusciti a penetrare quell'immenso che c'è nel rapporto con un figlio.
Stanchi delle loro esigenze, stanchi dei loro perchè, stanchi di quello scambio che vorrebbero piu leggero.
Nessuno dovrebbe sentirsi in colpa perchè non è stato un buon genitore: nessuno lo fa apposta.
Quando mai ci siamo sentiti in colpa per non essere bravi figli?
Il genitore si trova, come prima da figlio, nella posizione senza essere stato eletto, di colpo.
E si arrangia, cercando di informarsi, di fare il meglio che può. Parlo di quei genitori che accettano il ruolo, che sono nella norma.
Questi, insieme al resto della vita, devono accettare i complicati sentieri di un altro animo umano, seppur piccolo, che si fa strada tra dubbi e incertezze, a volte affamato di protezione, altre intriso di ribellione e di libertà.
In mezzo ci sono i genitori, una volta spinti dall'anelito di moltiplicarsi, dare un segno tangibile, esistere.
Ma ormai presi in un ingranaggio che ci travolge.
E diventiamo educatori disattenti. non li ascoltiamo più, non gli parliamo più.
Sì, forse volere figli è una spinta egoistica, ma tutti siamo egoisti, diventiamo cinici e indifferenti quando siamo feriti; allora ci isoliamo, stremati dalla malinconia di una vita che non va come vorremmo, cerchiamo disperati ogni goccia di piacere e consolazione che possiamo trovare da soli.
 Se invece non avessimo paura dell'egoismo sano, potremmo dire ai nostri figli che a volte anche mamma e papà sono stufi: stufi delle relazioni e dei loro slogans.
Anche mamma e papà vorrebbero prendersi una vacanza emotiva, vedere come si sta senza preoccuparsi di qualcuno che si aspetta da loro protezione ma libertà, ascolto ma discrezione.
Anche mamma e papà hanno voglia di mandare tutti a quel paese, perchè a volte si sentono in gabbia, ma che non significa non amare più.
solo non farcela più senza un bel va a quel paese mondo.
Parliamo con i nostri figli, diciamo loro che se non abbiamo voglia di discutere non è perchè non li amiamo, ma perchè siamo stanchi.
Siamo stanchi di dover dimostrare al mondo che non ci stanchiamo mai di amarvi.

Nessun commento:

Posta un commento