lunedì 22 settembre 2014

SIAMO FATTI DI SABBIA

Certi giorni sono felice, tutto mi sembra possibile e il futuro non mi spaventa. Ci sono giorni invece che guardare al domani diventa difficile e niente mi sembra al posto giusto.
In tutto questo, le relazioni umane sono molto importanti.
Tutti noi abbiamo relazioni: le abbiamo con le nostre famiglie, se ne abbiamo una, con i nostri amici e con chi capita nella nostra vita per lavoro.
Ci sono i nostri animali, le nostre cose, i nostri sogni.
Con tutto ciò abbiamo una relazione che condiziona la vita e il nostro modo di percepirla.
Noi siamo, anche, il qualcuno degli altri, visitatori inesperti della loro vita, passati di lì per renderla migliore o peggiore, fantastica o incolore.
Siamo così intenti a definire cosa gli altri ci devono dare, cosa devono portare nella nostra vita, che ci dimentichiamo che siamo, per loro, l'altro.
Quello che cambierà la giornata, o il mondo intero.
L'emozione di uno sguardo che entra nel tuo, di una mano che stringe la tua; il calore di qualcuno che si occupa di te, un momento, come i miei dottori, o mesi, come i miei amici in questo periodo.
Tutto questo ci fa sentire grandi, ci fa sentire umani.
Nella solitudine, invece, tutto diventa ovattato, i colori si spengono e i sogni diventano lontani, difficili persino da immaginare, mai raggiungibili.
Perchè quando hai un sogno, hai bisogno di qualcuno che ti dice che ce la farai.
Nessuno può dirti il contrario, perchè nella vita ci sono i colpi di fortuna, che arrivano anche se lavori male.
Ci sono i risultati di quando lavori bene, ma anche il fallimento dopo che hai fatto tutto.
Niente è sicuro, come niente è per sempre e se tu hai fallito devi sapere che dopo puoi vincere con altrettanta facilità.
Chi dice che il successo è frutto solo del duro lavoro mente a voi e a se stesso.
E' vero solo che l'inerzia non porta al successo, ma il fallimento non è sintomo di lavoro fatto male.
E' sintomo che non era il momento giusto, che Dio aveva deciso per noi diversamente.
Quando ci impegniamo, lavoriamo sodo, ma tutto crolla, ci viene voglia di non credere più a Dio, figuriamoci a noi stessi.
Io lo so, sono stata sola per tanto tempo.
Di una solitudine feroce, che mangia dentro, invisibile al mondo e, credevo, a Dio.
In quel buio, ho visto una me che si sgretolava, incapace di consolarsi, piena di dubbi e di paure.
Ho pregato, in quel buio e forse adesso capisco che quel buio serviva a quello.
Ma ho imparato anche un'altra cosa; cosa vorrei che facessero gli altri per me?
E, faticosamente, nel rancore dapprima, nella tristezza poi, ho arrancato fino all'uscita, pensando che quello che volevo io era qualcuno che mi ascoltasse, qualcuno che invece di giudicarmi, faceva per me il lavoro sporco, quello di scuotermi, di fare quello che la mia tristezza mi impediva di fare.
Ho imparato, così, che mentre si è tristi si deve pensare agli altri, perchè tutto ti sembra meno grave, quando colpisce gli altri, e riesci a trovare soluzioni che per te non trovi.
Ho scoperto che fare per gli altri quello che volevo per me non era diffici
le, era solo da inventare.
Perchè nessuno mi aveva mostrato come farlo.
Io non l'avevo mai avuto.
Ma ho dovuto cominciare io.
Da sola.
No, un momento, non ero sola.
C'era quello che mi aveva ascoltato tante sere, da sola io e Lui.
E non so come, non so quando, mi ha trasformato.
E quando le prime volte aiutavo gli altri senza emozione, poi sempre più coinvolta, ho scoperto che gli altri mi guardavano e poi imparavano. E si accorgevano degli altri.
E così, via via, un'onda si allargava e ognuno diventava l'altro dell'altro.
Siamo fragili, abbiamo bisogno d'amore.
E' il regalo più grande che ci ha lasciato Dio.
Non sprechiamolo.

Nessun commento:

Posta un commento