lunedì 23 giugno 2014

Il Campo Visivo



“Venga” mi dice una signorina gentile
Anche lei, come la signora del CUP, ha toni tranquilli e movimenti rassicuranti.
Mi sa che qui se son nervose le scartano, per via delle pazienti come me.
La macchina che misura il campo visivo è inquietante: grande, bianca e incomprensibile, come la tundra siberiana.
“Deve guardare lì”
Lì è un buco che da su un mondo bianco, con una lucina arancio in mezzo: come quando ti svegliano e tu volevi continuare a dormire.
“Quando vede una luce, preme il pulsante che ha in mano”
Ma restereste delusi se pensaste che è qualcosa di mistico: la luce è una lucina dispettosa, che lampeggia e sparisce, come gli uomini della mia vita.
E non per colpa mia.
Come per il campo visivo, gli uomini che capitano nella vita servono a capire se tu, in quel posto preciso, ci vedi bene.
O sei un’oca.
In quello schermo bianco, le lucine appaiono e scompaiono in posti diversi, a volte cambiano di intensità e a volte sono veloci, una dietro l’altra, mentre alcune tardano e tu credi di vederle, schiacci a vanvera e poi ti accorgi che ti hanno fregato.
Gli amori sono così: appaiono in campi diversi della vita, a volte uno dietro l’altro, così che ti sembra di vederci alla grande.
“Beh” ti dici “ vado via come il pane”
Ma è un attimo, ti arriva la luce più forte, tu ti senti alla grande perché la vedi, schiacci il pulsante che ti hanno dato e…
Era un abbaglio.
Il mio oculista dice che se fai il campo visivo in modo ansioso, risultano molti di questi ‘falsi avvistamenti’.
Se sei ansiosa, di falsi avvistamenti ne hai parecchi anche nella vita.
Mai fidarsi di un uomo che ti chiede, prima di fare l’amore, se vuoi fare l’amore.
L’esperienza mi ha insegnato che non è convinto, sei un passatempo; tu invece magari pensi “oh, che carino, s’informa…”
No.
Si porta avanti.
Se ti chiede esattamente cosa vuoi fare, cioè vuoi continuare a parlare o vuoi passare all’azione, è ansioso di concludere e, forse, non lo rivedrai più.
E la lucina successiva la aspetti con più timore.
 “Mi scusi” dico alla signorina del campo visivo dopo aver premuto  un secondo prima della lucina, mortificata  di aver premuto a vanvera.
“Non si preoccupi” sorride lei
Eh, no, mi preoccupo: e se non richiama?
Se lui non ti richiama, tu capisci che hai premuto al momento sbagliato, le cantonate si pagano, sa?
E dire che tu non sei una facile, come sei potuta cadere in un errore così banale?
Confondere un non ti richiama per una lucina: lì non ci vedi proprio.
Così la lucina dopo ti credi furba e non premi, o ci pensi un attimo, così ti sfugge un amore vero.
Mentre la macchina la considera un’altra cantonata, perché è esigente.
Tu ti mortifichi.
Pensi: ma allora è guerra.
Ti allinei alla macchina e decidi che, d’ora in poi, nessuna lucina ti frega  e, aguzzando la vista, ti ingegni.
Ma, come tutte le cose, nessuno sa davvero come ragiona la macchina del campo visivo.
E l’amore.
Ti fregano entrambi, se cerchi di barare.
Quando ti sembra di andare alla grande, mi sembrano due o tre minuti che le imbrocco ti dici, la macchina rallenta e tu ti imponi di fissare la lucina arancio e non girare intorno, sei così presa che sembri Russell Crowe nel “Gladiatore”, pronta a respingere qualunque attacco.
Ti impensierisce, però, che da qualche secondo le lucine non sbrilluccicano: sei spaesata, ti domandi se sei solo tu, oppure se, dietro di te, la signorina se la ride e fa gli scherzi.
Oppure stai diventando cieca.
Ma poi: eccola lì, la lucina.
Premi felice.
E ti innamori di nuovo.
Ti rilassi, sai che, in fondo,  lucine ne arrivano sempre e poi, dai, che sarà se ne perdi un paio, non muore mica nessuno.
Ti senti euforica, le lucine sbattono, ma tu hai in mente quell’attimo in cui hai visto la lucina di nuovo, mentre temevi che il tuo campo visivo fosse buio.
Sì, perché ci sono amori che spengono tutte le lucine di un lato.
La tua anima si aggiusta, ma quel lato di te si spegne per sempre; tu vedi come un velo, la vita diventa diversa e tu impari a vedere con altre parti del tuo cuore, accettando che, a volte, nella vita, si perde un pezzetto di cuore e con lui un po’ di gioia.
E’ allora che devi correre ai ripari, sapere che si guarisce, che qualcuno si prende cura di te proprio perché tu hai sofferto.
“Come è andata?” chiedo alla signorina
“Bene”
Bene in che senso?
Voglio sentirmi dire brava.
Voglio coraggio.
La signorina sorride: ortottista, mi ha detto il medico, ma l’ho presa come quelle parole spagnole che ti insegnano gli amici, che tu credi di dire una cosa e loro ti hanno insegnato una parolaccia.
Ma decido di fidarmi: l’ortottista sorride e calma si allontana: niente premi?
Il premio è la visita oculistica dal dottore che crede io sia pazza.
Andiamo bene….
Meglio non parlargli di lucine e amori.


 

 


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