giovedì 28 agosto 2014

QUELLO CHE IL BRUCO CHIAMA LA FINE DEL MONDO...

In questa stagione mi piace mangiare sulla terrazza che ho dietro casa. Il problema è che, in questo periodo, la mia terrazza piace anche alla processionaria, un vermetto peloso che si lascia cadere sulle mie spalle dalla pianta vicina, trasformandomi in un esserino urlante e schifato che, francamente, non mi fa onore.
L'altro giorno mia sorella mi dice "Quante storie, sai che diventa una farfalla bellissima?"
Quella rivelazione ha cambiato tutto: me ne sono trovata una sul collo e l'ho dolcemente posata su una foglia.
Nessun ribrezzo, nessun 'aiuuutooo', niente, solo un'infinita dolcezza.
Per un verme che, oltretutto, sta mangiando la mia pianta.
Così mi sono ricordata di quando mi agito per le cose della vita che non vanno.
Quante volte lo facciamo, chiederci che abbiamo fatto di male per avere questo?
Perchè proprio a me?
Guardando quel bruco peloso, che muove la testolina spaventato e sembra guardarmi, e pensando a come è bello quando diventa farfalla,  lo trovo bello.
Le cose tristi della vita ci capitano tra capo e collo, a volte fanno proprio schifo,  tutte con l'inevitabile conseguenza di mangiarci le foglie, lasciandoci lì nudi, con un rigoglio che c'era e, di colpo, è solo simulato.
Certo, le foglie ricrescono, ci vuole tempo, ma mentre questo tempo passa siamo bruttini, sciupati, sembra che proprio la vita ci abbia fregato.
Invece no.
Le sfide, le avversità sono farfalle, solo che lo devono diventare e se noi riuscissimo a guardarle come cuccioli che ci mangiano per diventare farfalle, vedremmo la grandezza della vita che ci insegna a vivere, l'infinito che c'è nell'esistenza di ognuno, che ci è stata data per ritornare a casa.
Vedremmo Dio.
Credo che ci sia qualcosa che dobbiamo imparare e che abbiamo dimenticato e come viandanti in terra straniera, dobbiamo seguire indicazioni che ci portano da dove veniamo.
La farfalla è l'unico animale che cambia, nel corso della vita, totalmente l'appartenenza a una specie e si trasforma in un'altra.
Come dobbiamo fare noi di fronte al dolore, alla tristezza, alla resa.
Intendiamoci, arrendersi, piegarsi e piangere deve essere parte del nostro destino.
Solo così diventiamo più grandi.
Nessuno cresce senza sfide, senza errori e cadute.
Dobbiamo essere orgogliosi dei nostri sbagli così come delle volte in cui abbiamo imbroccato la strada giusta, ma non con l'arroganza degli stolti, ma con la consapevolezza che siamo cresciuti, che abbiamo imparato qualcosa.
E ce l'ha insegnato una farfalla.
Una farfalla che a volte è un amore finito, a volte un lavoro perso e, a volte, una malattia o un lutto.
Ci sono cose che ci hanno insegnato a guardare con angoscia e dolore e allora è lì che dobbiamo trovare tutte le nostre forze per rimettere le foglie, sapere che con la nostra linfa abbiamo fatto nascere una nuova farfalla.
Un giorno anche le mie foglie nuove saranno le ultime, che saluteranno questo mondo, ma anche lì, con fatica, con tanto coraggio, spero di ricordarmi delle farfalle e dei bruchi della mia terrazza.
Perchè ogni lezione, nella vita, serve ad incontrare Dio.
A incontrare quello che ci riporta a casa.
Un giorno, ero in vacanza con mio padre, lui mi svegliò per farmi vedere l'alba e io risposi
"Non puoi contemplare l'alba in silenzio?"
"Ma è bellissima, guarda che sole"
Io farfugliai qualcosa e mi girai.
Mio padre ha avuto una vita lunga e piena, con tante sfide e l'ultima la più difficle di tutte, ma ha vissuto fino in fondo.
Diceva sempre "Finchè il mio amico dottore mi dice che il cuore va bene, io sono a posto"
Ed era così, entusiasta.
Sempre.
Più tardi, quel giorno,  mi accorsi che era rimasto male perchè non mi ero alzata, così gli dissi
"Spero domani ci sia il sole, così guarderemo l'alba insieme"
E lui rispose "Non so se ci sarà il sole, ma certamente un'alba ci sarà sempre"
E dentro quella frase c'era tutto il mio papà.
Che aveva imparato a vedere le farfalle dove c'erano solo bruchi.

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