lunedì 13 aprile 2015

BEATITUDINI

A Verolanuova, questa settimana, si ospitano le spoglie di Paola Gambara Costa.
Beata Paola.
Quella delle rose e dei panini.
Come mai, visto che lei si è sposata giovanissima, ancora adolescente, e ha vissuto qui solo pochi anni, facendo tutto quello per cui viene ricordata altrove?
Beata per cosa?
Le Beatitudini del Vangelo sembrano un elenco di categorie e tutti, una volta nella vita, abbiamo cercato di vederci dentro almeno una di quelle.
Il vangelo di Luca riporta anche i guai a voi....
Era certamente uno stile letterario allora in voga, ma a noi ha sempre inquietato, sia i beati che i guai a voi.
Beati?
I poveri?
Gli afflitti?
I perseguitati?
Innanzitutto bisognerebbe spiegare alla gente che beati è una traduzione molto libera: fortunati, benedetti sarebbe la traduzione quasi esatta, anche se il significato è: per fortuna che avete passato i guai, così capite cosa vuol dire la gioia.
Capite cosa vuol dire rispettare gli altri, senza affliggerli con cose che importano solo a noi.
Capite cosa vuol dire perdonare, invece che perseguire gli altri per torti che forse non ci hanno nemmeno rovinato la vita.
La Beata Paola, ricordata più per il marito fedifrago che per la sua anima candida, era fortunata perchè non le importava quello che accadeva a lei, ma quello che accadeva agli altri.
Forte, come solo pochi di noi sanno essere, Paola Gambara accettava un matrimonio imposto, e per quell'epoca unico e fino alla morte, usando quello che Dio le aveva dato, la ricchezza, per aiutare l'umanità.
E di umanità si tratta anche quando soccorre, nella malattia, la concubina del marito, la perdona.
E perdona suo marito, anche lui malato, e lo vede convertirsi, perchè quando ti perdonano non riesci a fingere di non vedere Dio da nessuna parte.
Peccato che si ponga l'accento sul suo essere moglie afflitta.
Peccato non si veda la grandezza e la regalità di una donna che contro tutto e tutti, aiutava i poveri, dandogli da mangiare.
Lei si occupava dell'umanità, senza preferenze.
Non era lì a dire, come spesso facciamo noi "Sono in pensiero per i poveri, ma quella sgualdrina dell'amante di mio marito non l'aiuto"
Oppure:
"Aiuto tutto il paese, ma quel mascalzone di mio marito lo devo vedere piegato in due a soffrire."
E poi facciamo la comunione e aiutiamo i poveri.
Lei, in tutti, ma proprio tutti, vedeva Dio.
Per questo era beata.
Tutti viviamo delle difficoltà, tutti, senza favoritismi, abbiamo avuto il cuore lacerato, la mente angosciata per qualcosa.
Come lei.
Ma non ci sentiamo beati finchè questo è un dettaglio, quando il dolore diventa poco più che una virgola nella sceneggiatura della vita.
Paola Gambara non si lagnava del suo stato, ma ne faceva un trampolino.
Non si crogiolava nel vittimismo, in quello sterile "è volontà di Dio" che non ci soddisfa mai, ma anzi ci mette a rischio di perdere la fede.
Lei lo usava, il suo dolore, per capire gli altri.
Lei la teneva con sè, la sua umiliazione, per innalzare gli altri.
Paola Gambara non era un donnino piegato dai soprusi, lei era superiore a loro.
Lei aiutava il mondo e lo faceva con il cuore.
Per questo nè suo marito e nemmeno la sua amante hanno potuto spezzarlo.
Perchè il suo cuore era per tutti noi.
Oggi, la Beata Paola ci dice di non mollare, di credere che siamo fatti per molto di più che un buon matrimonio, una vita serena, una famiglia o una casa felici.
Siamo fatti per essere grandi.
Grazie Paola.

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